mercoledì 26 giugno 2013

La chiesa e la Confraternita del SS Rosario

SCILLA. La chiesa del SS Rosario, gravemente danneggiata dal terremoto del 1908, sorgeva di fronte la chiesa di San Rocco nella parte di piazza sovrastante il locale Vertigine. Era sede dell’omonima Confraternita, costituita in gran parte dal ceto abbiente (nobili, proprietari terrieri, professionisti, benestanti). I confratelli e i loro stretti congiunti, alla morte, venivano sepolti nella cripta ubicata al di sotto dell’attuale piazza San Rocco. L’inumazione in cripta avvenne, presumibilmente, sino all’ottobre 1842 quando, alla presenza del Regio giudice Don Gaetano Catalani e del sindaco Don Tommaso Cutellè fu consacrato dall’arciprete Paolo Tuzzo il Camposanto ubicato in contrada Santa Croce. Con l’editto di Saint Cloud (12 giugno 1806) esteso in Italia dall’Editto di polizia medica del 5 settembre 1806), Napoleone stabilì che “le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati”. Trascorsi 36 anni Scilla ebbe il suo Camposanto che, di fatto, abolì le cripte sepolcrali. La Confraternita fece edificare all’interno dell’attuale cimitero il sepolcro del SS Rosario. Tornando a parlare della Chiesa del SS Rosario vi è da aggiungere che nel corso dei lavori di ristrutturazione della chiesa di San Rocco è stata scoperta l’esistenza di un cunicolo sotterraneo che collegava i due due monumenti di culto.

sabato 22 giugno 2013

Scilla e il trenuoto del 1783 nei racconti del Vivenzio

Marina Grande nel 1781 incisione del Padre Domenicano Antonio Minasi
Giace la Città di Scilla, tanto dà Poeti celebrata, alle falde di un monte bagnate dal mar Tirreno, o sia inferiore, e della quale P. Minasi Domenicano ne ha da due anni data la veduta in un gran rame. E’ divisa in tre quartieri, uno detto S. Giorgio rivolto a N., l’altro dell’Acqua grande coll’aspetto al S., ed il terzo delle Gornelle, e Livorno fra i due primi, in una piccola pianura formata dalla montagna prolungata nel mare, e che termina in uno Scoglio grandissimo, sul quale è fabbricato il Castello, o sia Palazzo Baronale”. Così scriveva Giovanni Vivenzio, illustre scienziato e letterato, studioso di vulcanologia e sismologia, cavaliere del Reale e militare Ordine Costantiniano di San Giorgio nella sua opera “Istoria e teoria de’ tremuoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria, e di Messina”, edito dalla Stamperia Regale di Napoli nel 1783 (esiste un esemplare nella Biblioteca nazionale di Roma). Il docente universitario, giunto qualche giorno dopo, studiò il fenomeno e raccolse le testimonianze dei superstiti, e con gli occhi del cronista così continuò a parlare della Scilla colpita dal tremendo cataclisma: "Nell’orribile scossa de’ 5 Febbrajo cadde ad un tratto la quarta parte della Città, e il resto fu conquassato in modo da non potersi abitare.
Oliveto nel 1781 incisione del Padre Domenicano Antonio Minasi
Nel tempo medesimo dalla Bastia alta trecento palmi (così vien chiamata parte della marina) rotolarono gran massi di terra, e pietre, che ricoprirono due Case, e tre Casini (Furono involte fra le rovine due Madri, e due Fanciulli di tenera età); e poi all’ore 21 si vide precipitare un gran tratto della montagna detta Monasina, ch’è all’estremo della marina grande dalla parte del Sud. In tanta sciagura, e confusione gli Abitanti del quartiere S. Giorgio, approssimando la notte si ricoverarono negli Orti vicini; e quelli degli altri quartieri nelle adjacenti marine, parte sotto alle tende, e parte sulle Barche, trasportando seco loro il più prezioso, che avevano, seguendo l’esempio del loro Padrone Conte di Sinopoli, che si pose sopra una comoda Barca con quarantanove suoi Cortigiani. Inoltrarsi la notte, verso le ore otto d’Italia, essendo l’aria, ed il mare in tranquillità, e cadendo una placida piova, s’intese un grandissimo strepitio cagionato dal rovesciamento di un pezzo di terra dell’estensione di un miglio, e mezzo quadrato, staccatosi dalla montagna detta Campallà. Tal dirupamento diede il gusto alle Vigne, ed agli Alberi di quella contrada, ricoprendo la pietra del mare chiamata Formicola, ed il piano di Pachì, costituendo due punte tra il capo dello stesso nome, e S. Gregorio, e formando sulla marina detta la Nave un piano coltivabile.
Scilla nel 1781 incisione del Padre Domenicano Antonio Minasi
Mezzo minuto primo dopo tale rivoluzione si videro venire dalla parte di S. S. W. due sterminati cavalloni di acqua del mare, preceduti da un mugito orribile, che ad un tratto lanciandosi sul lido, misero sossopra, ed ingojarono le Barche, e le tende colla perdita di mille quattrocento trentuno Cittadini, de’ primi piani delle Case situate alla marina, e gittati incontro alle mura colle stesse Barche, e parte furono trascinati nel mare dal ritiramento delle onde (Come la mortalità di coloro, che rimasero sotto le rovine della Città non fu, che di pochi individui, e nello Stato Generale si vedono notati 1448, ho stimato perciò nella nota antecedente per esattezza specificare il numero de’ morti sotto le dette rovine; giacchè tutti gli altri morirono suffocati dalle acque del Mare). Questo gran fracasso, durò circa due minuti primi, ritornando indi il mare alla primiera calma (Vi sono altri esempj d’inondazione del Mare per effetto di Tremuoto). Fra gli estinti vi fu il nominato Conte di Sinopoli con i suoi Cortigiani. Gli Abitanti del quartiere S. Giorgio ricoverati negli Orti vicini non soffrirono alcun danno. Quelli dell’Acqua grande, che si erano collocati nella Chianella, e marina dell’Oliveto furono in parte danneggiati, ma quelli delle Gornelle, e Livorno, che stavano sulle Barche, e sotto le Tende nella Marina grande furono quasi tutti sommersi. Alcuni di quella Gente infelice salvatisi a nuoto, chiedevano ansanti del vino da bere; e dopo bevuto, morivano all’istante. Gli altri rimasti vivi asserirono, che le acque del mare erano caldissime; in fatti molti si sono trovati con pieghe della natura di quelle, che suol produrre l’acqua bollente. Le onde lungo la gran Marina si alzarono per ventiquattro palmi dalla parte del S., e trentadue da quella del N.. nel vallone poi di Livorno, che giace in mezzo a detta marina, s’inoltrarono sino a palmi seicento quarantasette. Ivi vennero distrutte ventidue Case, didici Casini, due Magazzini, il Fondaco de’ Manganelli per la Seta, e la Chiesa dello Spirito Santo, restando una sola Casa illesa, in cui si salvarono cento quaranta Persone. La mattina seguente a così funesta notte, tutti quelli scampati all’ira del mare ascesero in S. Giorgio, portando seco gli Storpj avanzati dall’orribil procella, de’ quali molti finirono di vivere. Per lo spazio di due mesi si sono veduti arrivare ne’ seguenti luoghi i cadaveri de’ naufragati: a Favazzina distante tre miglia da Scilla: a Bagnara sei: A Palmi dodici: alle Pietre nere quindici: a Gioja diciotto: a Nicotera trenta: a Paola cento: al Faro quattro: a Faci in Sicilia cinquanta: e finalmente in Catania (De’ Cadaveri venuti al lido in Favazzina, ed in Catania non ne ho potuto avere accurato il numero, e perciò non vien riportato)".
Scilla come appariva dopo la ricostruzione prima del 1908
Giovanni Vivenzio, nato a Nola (174?) nella prima metà del XVIII secolo, si affermò giovanissimo nei campi delle lettere, scienze e soprattutto nelle medicina, divenendo ben presto docente dell'Università napoletana. Insegnò chirurgia, ostetricia, anatomia e fisica sperimentale, fu direttore dell'Ospedale degli Incurabili e dei Reali Ospedali Militari delle due Sicilie. Nel 1780 fu nominato dal Re Ferdinando, Cavaliere Costantiniano, medico di Casa Reale e Protomedico Generale del Regno. Riorganizzò e ripristinò gli Ospedali Militari, che aboliti dal Re Ferdinando IV nel 1800, furono appunto fatti riaprire dal Vivenzio, che prospettò allo stesso Sovrano, una relazione, in cui faceva presente tutti gli inconvenienti che insorgevano, sotto ogni aspetto, dall'abolizione di tali ospedali. Il Re, con decreto del 25 ottobre 1800, ripristinò gli Ospedali Militari, in quei posti dove fossero necessari per il Regio Esercito. Fu socio di importanti Accademie sia in Italia sia all'Estero, (si ricorda quella di Medicina a Parigi e quella Imperiale a Pietroburgo).

mercoledì 19 giugno 2013

La Madonna della Consolazione a Scilla

il Quadro davanti la chiesa Matrice
SCILLA. “La “Peregrinatio Mariae” che si svolse dal 13 febbraio all’11 aprile 1948 è un avvenimento che merita di essere riportato nella storia o nel racconto della Consolazione: va tramandato alle generazioni futura come solenne e indubbia testimonianza della robusta fede non soltanto di Reggio, bensì di tutti i grandi e piccoli centri della Diocesi che è orgogliosa di essere tra le prime della Calabria per il suo carattere spiccatamente cristiano e per la sua pietà mariana. Le scene che si svolsero qua e là durante il passaggio di Maria variavano per intonazione, colori ed emotività di soggetti tali da rendersi degne di essere filmate per ricordo imperituro dell’amore del popolo all’augusta Regina del cielo”. Così scrive monsignor Ercole Lacava, canonico del Capitolo metropolitano dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria, giudice del Tribunale ecclesiastico regionale calabro, Rettore della chiesa Gesù e Maria e cappellano conventuale ad honorem del Sovrano militare ordine di Malta, nel suo libro “Il racconto della Madonna della Consolazione”. Il pellegrinaggio iniziò con la tappa da Reggio a Catona per proseguire da Catona a Villa San Giovanni; da Villa a Scilla; da Scilla a Bagnara; da Bagnara ad Archi; da Archi a Pellaro; da Melito Porto Salvo a Roccaforte del Greco; da Roccaforte a Montebello Jonico; da Fossato a San Pantaleo; da San Pantaleo a Motta San Giovanni; da Motta a San Gregorio; da San Gregorio a Gallina, Armo e Arangea; dall’Argea all’Itria; dall’Itria a Reggio Centro.
La Sagra Effige raggiunse Scilla a notte inoltrata del 29 febbraio. La gente da ore attendeva l’arrivo della Madonna, presente l’arcivescovo Antonio Lanza. Quando il Quadro arrivò l’arcivescovo parlò nella piazza illuminata a giorno a migliaia di persone e presentò i missionari che avrebbero predicato fino al 7 marzo. La Madonna lasciò Scilla sabato 6 marzo per Melia a benedire quei fedeli, che accolsero l’Immagine con testimonianza di fede, con fervore ed entusiasmo. Per i contadini, i pastori, era un avvenimento straordinario. La Madonna della Consolazione di Reggio a Melia? Chi lo avrebbe mai sognato? La sera di domenica 7 marzo, il popolo si Scilla accompagnò il Quadro fino a Bagnara, dove sostò sino al 14 marzo, quando partì alla volta di Archi. A Favazzina, esclusa all’andata verso Bagnara, il popolo si riversò per le strade e costrinse il corteo a fermare la Madonna sino alle ore 16.
notizie tratte da monsignor Lacava dall’opuscolo di un anonimo “Servo di Maria” stampato a Reggio Calabria dalla tipografia Leo nel 1948.
Sin qui il racconto sotto l’aspetto del culto mariano. Un’altra storia, tutta laica, vede quel pellegrinaggio ascritto a un fattore puramente politico: la paura della vittoria comunista nelle elezioni politiche italiane per il rinnovo dei due rami del Parlamento che si tennero domenica 18 aprile 1948. Quella effettivamente fu una campagna elettorale molto particolare dove scesero in campo santi, miti, pregiudizi e timori, paure ataviche. Le forze di centro, in primis la DC, ridestarono con ogni mezzo "la paura del comunismo", presentato come l'impero del male. Poichè molto spesso la verità stà sempre nel mezzo, devozione per l’Avvocata del popolo reggino c’è ne fu tanta ma...

venerdì 14 giugno 2013

Scilla nel percorso della “Coppa Presidente della Repubblica”

Nel 1949 nacque il Giro Automobilistico delle Calabrie “Coppa Presidente della Repubblica”, gara di velocità su strada di grande importanza propagandistica e prestigio. Con il gigantesco otto del suo percorso (pari a 732 km), era possibile partendo da Catanzaro percorrere l’intero territorio calabrese in meno di sette ore. Il Giro attraversava il centro di Scilla. I bolidi di allora percorrevano la via Nazionale in direzione Bagnara - Scilla. Il Giro inseritosi in breve tempo fra le maggiori competizioni europee vide la partecipazione dei migliori piloti nazionali ed esteri: Fagioli, Biondetti, Musso, Cabianca, Castelletti, Vaccarella, e i fratelli Marzotto. E ancora Taruffi, Villoresi, Serafini, Zagato, De Santis, Giglio, Leopardi, Carrozza, Avventurieri, il reggino Siracusa. Come non ricordare Hans Bauer, Jean Keek, De Tommaso, Donner Herman, Davis Colin, Stagnoli, Lualdi, Spighiger, Scarfiotti, Val Ever, Von Baum, Carini, Allegroni e il cosentino Scola e le spericolate Maria Teresa De Filippis, Ada Pace e Annamaria Peduzzi. Dieci furono le edizioni del Giro delle Calabrie. A seguito dei luttuosi avvenimenti di Brescia, di Monza e del Nurburgring, si decise la sospensione delle corse di velocità su strada.

mercoledì 12 giugno 2013

La Chesa Madre tra i terremoti del 1894 e 1908

In questa rara immagine, si tratta precisamente di una cartolina, è immortala l’uscita del Santo Patrono San Rocco dalla Chiesa Madre dedicata a Maria SS Immacolata. La foto risale al periodo a cavallo tra la fine del 1800 e i primi anni del 900, sicuramente, prima del disastroso terremoto del 1908, quando l’antico edificio di culto subì gravissimi danni e venne ricostruito. Nell’immagine si notano i bambini tapparsi le orecchie, segno che proprio in quel momento venivano fatti  esplodere i mortaretti in segno di giubilo. Secondo il professor Francesco Burzomato, apprezzato storico locale, la foto ritrae, tra gli altri, il canonico Brinda. Accertata questa circostanza l’immagine si potrebbe datare con più precisione. Il 4 aprile del 1838, la statua in marmo dell'Immacolata Concezione, riposta temporaneamente nella sagrestia della Chiesa Madre sopra una cappella di legno venne trasferita sopra l'altare maggiore provvisorio in legno: "ad onore della stessa Vergine nell'antico sito fabbricato in questo Comune di Scilla". Il 7 aprile dello stesso anno,  venne benedetta la nuova Chiesa Matrice e il giorno successivo "si principiò a celebrare e fare le sacre funzioni, con una folla di popolo che vi concorreva da tutti i quartieri". Il sisma del 16 novembre del 1894, danneggiò la Chiesa “tanto che si è dovuto rifare tutto, e si devono ancora rifare il campanile e altro”.