venerdì 4 luglio 2008

Antonio Gaetano Francesco d'Amico-Vita, socialista scillese di fine '800

REGIA PREFETTURA DI REGGIO CALABRIA
Antonio Gaetano Francesco d’Amico Vita, alias Piedipezza, figlio di fu Luigi e Domenica Vita, nato a Scilla il 23 agosto 1874 ed ivi domiciliato; attualmente dimorante in Firenze per ragioni di studi, possidente per lire 80 mila circa, celibe, convivente con la madre. Socialista.
CONNOTATI:
statura metri 1,62; corporatura regolare; capelli castani; bocca media; mento un po’ sporgente; viso ovale; colorito naturale; barba nascente con piccoli baffi castani.
Portamento, tranquillo con sguardo basso. Espressione fisionomica, allegra. Abbigliamento abituale, veste civile. Segni speciali, una cicatrice vicino l’occhio destro avuta in duello.
Cenno biografico al 13 dicembre 1896
Non riscuote buona fama nel pubblico, ed è messo in derisione dalle persone dabbene per le sue idee socialiste. Carattere risoluto. Educazione mediocre. Intelligenza comune. Coltura mediocre. Ha fatto gli studi fino alla 3ª elementare, però sono tre anni che frequenta il ginnasio a Messina, e fu sempre rimandato agli esami. Ora è partito per Firenze per continuarvi gli studi ed ottenervi «la licenza ginnasiale». Non ha titoli accademici. Non esercita alcuna industria o mestiere, solo si occupa dello studio. Vive di rendita. Egli fu per circa 4 anni in Messina per ragioni di studio, e si ritrova in famiglia a Scilla soltanto nelle ferie autunnali. S’ignorano le compagnie da lui frequentate a Messina, ma a Scilla non fu affiancato da nessuno per i suoi principi di socialismo. Non si comporta bene con la famiglia. La madre sua, contraria ai suoi principi, cerca frenarlo col dargli poco denaro ma egli la minaccia, le s’impone, fa dei danni in casa ed ottiene così lo scopo; quello cioè di avere i soldi che desidera. Non gli furono mai affidate cariche amministrative o politiche. Appartiene al partito socialista. Precedentemente non ha appartenuto a nessun’altro partito. In Scilla non ha alcuna influenza. Ne ha però molta in Messina con persone che dividono i suoi principi per motivo che spende per i soci, ed anche perché pretende per isposa una figlia dell’Onorevole De Felice. Durante il tempo che questi fu recluso ha soccorso egli la famiglia di lui, mandandole da 100 a 150 lire mensili. Ignorasi se è o fu in corrispondenza epistolare con individui del partito nel regno o all’estero. Non ha mai dimorato all’estero. Appartiene al partito socialista di Palmi; non risulta vi abbia alcuna carica. S’ignora se manda corrispondenze ai giornali socialisti, tanto più ch’egli è quasi sempre assente da Scilla. Nei brevi periodi di tempo che passa a Scilla per quanto risulta non riceve giornali politici. Non fa propaganda per quanto si sappia. Non è capace di tenere conferenze socialiste. Non tiene buon contegno verso le Autorità perché condannato per oltraggio al sindaco di Messina. In Scilla non ha preso parte a manifestazioni del partito perché non ve ne furono mai. In Napoli ha preso parte al Congresso socialista ch’ebbe luogo colà il 2 aprile 1896, quale rappresentante del gruppo socialista di Reggio Calabria. Non fu mai proposto per la giudiziale ammonizione. Non fu proposto e assegnato al domicilio coatto. Il 20 maggio 1895 venne denunciato all’autorità giudiziaria per delitto d’istigazione a delinquere per avere affisso al pubblico manoscritti in epoca prossima alle elezioni politiche: votate per De Felice ma non fu trovato luogo a procedere. Il Tribunale di Reggio Calabria al 30 maggio 1893 lo condannò a 26 giorni di reclusione per oltraggio al Sindaco, pena questa che venne estinta per effetto del Regio Decreto di amministra 20 aprile 1893. Lo stesso Tribunale il 14 agosto 1894 lo condannò a giorni 49 dell’istessa pena per oltraggio all’usciere giudiziario e per quale delitto venne arrestato nella flagranza addì 6 agosto 1894. La Pretura del 4° mandamento di Messina con sentenza del 19 maggio 1896 lo condannò a giorni 10 di reclusione e spese processuali per duello. Il Tribunale di Messina con sentenza del 6 luglio 1896 lo condannò a 13 mesi di reclusione e lire 1.000 di ammenda e spese di procedimento per diffamazione.
Annotazioni del Ministero dell’Interno
4.3.1929 – E’ morto a Messina nel marzo del 1925
Antonio Gaetano Francesco d’Amico Vita, figlio del notaio D. Luigi (10 novembre 1838 + 18 gennaio 1887) residente al rione Acquagrande (l’attuale Chianalea), si stabilì definitivamente a Messina dove era titolare di una libreria. Penultimo di sette figli, era, tra l’altro, nipote del farmacista dell’attuale via Umberto I, D. Gaetano (12 febbraio 1841 + 21 dicembre 1914) e fratello di Marietta Teresa Amalia (21 giugno 1881 + 20 gennaio 1977), madre del compianto don Pietro Scopelliti.

venerdì 27 giugno 2008

E Scilla perse anche la Pretura...

Della Pretura di Scilla oggi rimane questa immagine. E' la foto della sede baraccata, costruita dopo il sisma del 1908. Per la serie corsi e ricorsi storici, la documentazione tramandata dal dottor Bellantoni, medico, cronista, amministratore di spessore, fa luce su determinate e poco chiare posizioni assunte nell'attuale vicenda "chiusura ospedale". Buona lettura...
Storia – Come l’origine di tutte le cose si perde nel tempo, e difficile riesce rintracciare la storia fin dai suoi primordi, così a noi riesce impossibile precisare l’epoca in cui per la prima volta in Scilla ebbe sede il Magistrato addetto alla funzione della Giustizia. Certa cosa è che Scilla dipese quasi sempre dal Magistrato superiore risiedente in Reggio, e che fu, dopo questo, forse uno dei pochi, se non il solo dei paesi della Provincia attualmente esistenti, dove prima ebbe sede il magistrato. Il nostro rimpianto Canonico Giovani Minasi, che la sua vita, il suo ingegno e le sue sostanze dedicò alle ricerche storiche di Scilla, fa risalire Scilla, come sede di Magistrato, intorno all’anno 1000, ciò egli rilevò dal diploma di Alfonso I di Aragona del dì 8 marzo 1451, con cui si confermavano i privilegi di Scilla, tra i quali la scelta del Capitano, ossia Governatore o Giudice locale.
Questi privilegi erano stati concessi da Ruggero Conte di Sicilia, e dopo confermati dal Re Ladislao e dalla Regina Giovanna II. Tale privilegio fu, con rescritto 11 aprile 1520, dall’Imperatore Carlo V confermato. Detto rescritto ebbe il suo vigore fino all’occupazione dei francesi. Non fu solo questo privilegio che Scilla godette in fatto di Giustizia, infatti nelle lotte che sostenne contro la oppressione del feudatario conte di Sinopoli con dispaccio speciale del 12 settembre 1775 il re erigeva un tribunale speciale denominato Suprema Giunta di Scilla col mandato di eseguire tutte le cause intentate dagli Scillese contro quel feudatario. Con legge dell’8 dicembre 1806 promulgata da Giuseppe Bonaparte con la quale si divideva il Regno d’Italia in 14 province, ed in 495 Governi, si stabilì Scilla sede di Governatore, come pure Catona, Villa San Giovanni, S. Eufemia di Sinopoli, Oppido, Palmi, Polistena, Rosarno, Mileto, Sant’Agata, e Reggio solo Sottointendenza. Con legge del 19 Gennaio 1807 furono istituiti i Giudici di Pace, che nei tempi posteriori furono detti Regi Giudici, poi Giudici Mandamentali, ed oggi Pretori, e Scilla fu sede di Giudice, comprendendo nella sua giurisdizione Bagnara. Solano, Favazzina, Ciaramida e La Fossa. Bagnara fu eretta a Circondario con decreto 17 giugno 1831, e solo più tardi a mandamento. Con legge 30 Marzo 1890 si propose la soppressione della Pretura di Scilla e la sua aggregazione a quella di Bagnara. La Giunta Comunale di Scilla dell’epoca con memoria a stampa diretta al Consiglio Provinciale, che doveva pronunciarsi al proposito, difendeva i diritti della nostra Pretura. In seno al Consiglio Provinciale stesso l’avvocato Cavaliere di Cittanova ne assunse con calore e dottrina la difesa. Si riuscì in quella maniera a salvarla allora. L’avvento del fascismo al potere nell’ottobre 1922, la necessità sentita di radicali modifiche, i pieni poteri concessi al governo, attualmente al potere, il bisogno di forti economie per il riassetto della finanza dello Stato resero attuabile la soppressione di parecchie centinaia di Preture: tra queste la nostra. L’Amministrazione Comunale, la Società Indipendente Operaia, il Consiglio Provinciale protestarono per tale soppressione, e fecero voti perché essa potesse essere restituita.

Il prefetto dell’epoca, Commendatore Bodo così scriveva:

Sig. Dottore Rocco Bellantoni
Consigliere provinciale Scilla

Egregio Signore,
Preso atto di quanto la V. S. mi comunica con la sua lettera del 28 marzo u. s. Le assicuro che non manco di appoggiare l’istanza diretta a S. E. il Ministro di Grazia e Giustizia perché sia ripreso in esame il provvedimento di soppressione di codesta pretura.
Con stima

Come tutte le preture soppresse anche la nostra col primo ottobre cessò di funzionare. Voci vaganti insinuano che la nostra Pretura rimarrebbe soppressa, mentre quella di Bagnara sarebbe restituita, e quella di Scilla aggregata a Bagnara. Noi continuiamo a difendere i diritti nostri, ed in questo il pubblico intero di Scilla dovrebbe essere compatto, e siamo sicuri che lo sarà, fino al raggiungimento completo del diritto. Fino che i bisogni della Nazione ci costringeranno al sacrificio, noi per il bene della patria sapremo sopportalo, fin ché il diritto sarà eguale noi rimarremo ossequenti ed obbedienti, ma se deroga vi sarà di diritto, se la Nazione sacrifici non avrà più bisogno noi ci varremo di tutto per ottenere quel che per millennio abbiamo avuto, anche sotto forma di privilegio. Continueremo intanto in altri numeri a studiare le ragioni che giustificano la nostra sacrosanta richiesta.

Per la soppressione della Pretura di Scilla il giudice Romeo dovrà partire per nuova destinazione, ed a lui noi, interpreti del sentimento del pubblico, porgiamo il nostro saluto. Con lui partono anche il Cancelliere Giuffrè e l’addetto giudiziario Ferrari vada nello stesso tempo a loro il nostro saluto. Per la soppressione della Pretura di Bagnara è dovuto partire il giudice Basilio Laganà, che resse anche per parecchi mesi la nostra Pretura. Bagnara, tutta, volle rendere al colto e integerrimo magistrato una manifestazione di simpatia, che fece dimenticare e cancellare un atto inconsulto verso lui commesso in altro tempo. Noi che qui l’avemmo, che lo conosciamo non da oggi, e che abbiamo avuto il mezzo di constatare quanto egli sappia accomunare sapere e giustizia, anche noi, ed in noi è anche compresa tutta la nostra cittadinanza, rivolgiamo il saluto e l’augurio che di lui ne siano sempre apprezzate e riconosciute le doti in maniera che possa ascendere nella carriera ai più alti e ambiti posti.
Novembre 1923
Circola persistentemente la voce che coll’anno nuovo sarà restituita la Pretura a Bagnara, e che quella di Scilla, sarà annessa ad essa. Man mano che queste voci vanno pigliando consistenza una spontanea e viva agitazione negli animi dei cittadini scillesi si va preparando. Sarebbe una grave iattura per Scilla, - peggiore ancora dell’avvenuta soppressione – quella di tale provvedimento. Scilla non potrà né dovrà essere annessa a Bagnara; ragioni di convenienza, di tempo, di luogo, di transito; interessi economici e di affari tutto contrasta con tale provvedimento. Villa è sulla via di Reggio e di Messina, dove gli Scillesi ogni giorno accorrono per affari: potranno usufruire utilmente di parte della giornata se colà dovranno convenire per affari di giustizia. Scilla non ha questi interessi con Bagnara; per il cittadino sarebbe uno spreco inutile di tempo: urterebbe contro ogni convenienza economica. I mezzi di comunicazione sono più facili con Villa. Quindi il dilemma è semplice: o restano le cose come sono, o Scilla abbia uguale trattamento a Bagnara. Se a Bagnara sarà restituita, sia restituita a Scilla: se a Bagnara vi sarà istituita sezione di pretura, sezione di pretura sia anche Scilla. Giustizia lo vuole, e la popolazione lo reclama. E noi fidiamo nella giustizia imparziale del governo.
Dicembre 1923
A Bagnara è stata concessa una sessione di Pretura, e Scilla è stata annessa ad essa.
Noi abbiamo più volte deprecato tale danno. Pare però che la nostra voce e le buone ragioni che noi abbiamo adottate non abbiano convinto le autorità. Nella popolazione vi è, un vivo fermento, che man mano aumenta, e che un giorno o l’altro sprigionerà.
Noi ancora oggi, come ieri e come sempre ripetiamo che Scilla non potrà e non dovrà avere trattamento diverso di Bagnara, e non ci arresteremo fin quando ciò sarà ottenuto.
Marzo 1924
Il fermento che noi abbiamo più volte rilevato per la soppressione della Pretura va sempre più pigliando consistenza.
Tanto maggiormente in quanto si sparse la voce, che Seminara, - la quale aveva avuta soppressa la Pretura prima dell’ultimo decreto e poi riottenuta in seguito a gravi commovimenti popolari, l’ebbe soppressa di nuovo insieme con Bagnara e Scilla, - ha ottenuto, come Bagnara, la sessione.
Questa disparità, se la notizia è vera, è grave.
E’ grave perché Scilla non potrà sopportare questa differenza di trattamento, odioso e dannoso.
Noi richiamammo l’attenzione delle autorità più colte; e ancora ciò facciamo.
L’Unione Indipendente indisse una riunione dei Presidenti di tutte le associazioni del paese, in essa il Presidente della Società Cerchiai, Sig. Paolo Caratozzolo prospettò l’idea dell’astensione dal voto, ciò che egli ripetette innanzi all’avvocato Barbaro, candidato nella lista Nazionale. Per conto e nome delle Associazioni tutte fu, dal Comm. P. Macrì, Presidente dell’Unione Popolare, presentato all’Avv. Barbaro, in occasione della sua venuta in giro elettorale a Scilla, un memoriale allo scopo di riottenere il ripristino della Pretura, ed anche per la soppressione della tassa del vino. Con molto calore, nella stessa occasione, il Sindaco Cav. Avv. Varbaro sostenne la necessità del ripristino di essa, e prospettò i più urgenti e indispensabili bisogni del paese.
Ci auguriamo che ben presto i giusti desiderati siano ottenuti.
Aprile 1924
E’ da tutti quelli che hanno provato quanto è duro, fastidioso e dispendioso recarsi in Villa S. Giovanni o in Bagnara per espletare affari di giustizia, da tutti quelli che per togliersi di fastidio rinunciano a far valere per legge diritti, o chiedere condanne di colpe, che siamo sollecitati a riandare sulla vessata quistione della Pretura. Or noi abbiamo ripetutamente compiuto il nostro dovere occupandoci di questa questione a pag. 88 – 110 – 130 – 179 – 197 della prima annata della Rassegna: non ci fermeremo.
Che cosa hanno fatto enti, società, privati? Nulla, che noi ci sappiamo.
Or non basta che si scriva qualche nota per ottenere quel diritto secolare che si è perduto, ma è necessario dimostrare che in realtà questo diritto è sentito come bisogno non di pochi, ma della collettività. Privatamente tutti si lamentano, collettivamente tutti tacciono. Le società, che abbondano per numero, pronte ad osannare uomini, ad occuparsi di politica anche contro le regole statutarie, sollecitate a sbandierare i loro fiammanti vessilli a richiesta di uomini, che hanno per questa quistione capitale fatto? Nulla. Bagnara ha ottenuto la sessione e Scilla è vassalla di Bagnara e di Villa, sembra che la Giustizia di Scilla è un balocco che or è lanciato verso Villa, or verso Bagnara. Come Bagnara, Seminara, Polistena, anche esse hanno ottenuto la sessione. Per ottenerla che cosa hanno fatto questi paesi? Han lasciato mezzi intentati? Scilla aspetta che la Provvidenza di qualche mecenate gliela restituisca, per poi ottenere il vassallaggio? Aspetta l’asino, che l’erba cresce. Corre voce che l’Amministrazione abbia fatto richiesta della sede della Pretura per insediarvi le scuole. Non crede essa che tal passo, se vero, possa far credere che Scilla si è adattata prontamente a tale soppressione. Non perdiamo la fiducia in un ritorno, e lasciamo intanto stare la sede pronta. Non si aumentino gli inciampi. Intanto, dopo la soppressione del carcere, lamentiamo ancora che la stazione dei RR. CC. Non è più sede di Maresciallo Maggiore, ma di semplice Maresciallo.
Ad pejora!
Settembre 1924
“L’Agenzia Nazionale“ scrive che l’on. Rocco intenderebbe di questi giorni procedere ad una revisione delle soppresse Preture dal suo predecessore Oviglio ricostituendone molte in seguito a voti espressi da parte di enti locali e sezioni fasciste specialmente del Mezzogiorno. Noi ci permettiamo, - come facemmo tante atre volte per l’Amministrazione dimessa, - richiamare l’attenzione del Sig. Regio Commissario affinché presti la sua opera al fine di ottenere il ripristino della Pretura. Mettiamo sull’avviso l’egregio Commissario, che un lavoro preparatorio ai danni della nostra Pretura è stato fatto da Bagnara, perché questo paese fosse la sede della giustizia anche per Scilla. Il danno ne sarebbe incommensurabile, e sarebbe in vero delitto commesso avverso il diritto di Scilla. Il Sig. Regio Commissario certamente si renderà conto della gravità e urgenza del momento, e non risparmierà la sua valida cooperazione e siamo sicuri – ove egli lo credesse opportuno – non risparmierà di recarsi di persona alla Capitale per perorare validamente così importante causa a pro dei cittadini di Scilla. Egli sarà in ciò sorretto dall’appoggio completo, indistintamente di tutti i cittadini. Il fascio, - che è l’unico ente associato nel momento presente, il quale potrà influire presso gli organi statali e politici, - spenderà ne siamo convinti tutta la sua poderosa opera per la restituzione, addimostrando con fatti l’amore verso il proprio paese. Il paese attende fiducioso.
Novembre 1925
Siamo informati che si sta procedendo alla verifica per il ripristino delle Preture soppresse. Noi non ripetiamo le ragioni che militano a favore del ripristino di essa, ragioni che abbiamo espresso in molteplici scritti come a Anno I pag. 110, 130, 179, 197, Anno III pag. 155 – 265. La popolazione, conscia del suo buon diritto fiduciosamente attende ansiosa il ritorno della sede, ritorno che non può mancare, perché è sicura che il governo si sia già reso conto del danno che la soppressione ha arrecato ai cittadini di Scilla, senza alcun tornaconto economico da parte dello Stato. Noi che abbiamo compiuto intero il nostro dovere di cittadini e di pubblicisti nutriamo completa fiducia che il provvedimento non tarderà.
Marzo 1926
E’ con grande compiacimento che pubblichiamo quanto la “Società Indipendenti”, ha fatto per ottenere il ripristino della Pretura nostra. Essa che alla nostra campagna ha, per altra via, unito il suo interessamento, merita la riconoscenza di tutti per l’opera sua dispiegata, e va incoraggiata per tutto quanto essa compie per il bene generale del paese di cui ha in differenti occasioni dimostrato il suo interessamento. Nel 1924 essa indisse una riunione di tutti i presidenti delle Associazioni di Scilla allo scopo di promuovere un’agitazione per il ripristino della Pretura. A tale scopo si rivolse un appello ai deputati della Regione, per cui si ebbe le seguenti risposte:
L’Onorevole Avv. Salvatore Renda così scriveva:
“Stimatissimi amici,
Memore dei voti di codesta Spett. Associazioni, ho spiegato tutto il mio fervido interessamento, presso il competente Ministro, per la questione della Pretura di Scilla o per lo meno per la istituzione di una Sezione distaccata. Rimetto intanto una nota di S. E. Oviglio assicurando che non mancherò di spendere le mie più vive premure per il favorevole accoglimento della richiesta, essendo lieto di potere contribuire al benessere ed al miglioramento di codesta patriottica popolazione Con tanti saluti, con preghiera di comunicare a tutti i Signori Presidenti”.
Ed il Ministro Oviglio:
Roma 28 novembre 1924
“Caro Renda,
ho fatto prendere nota dei voti espressi e da te vivamente caldeggiati per ottenere la istituzione di una sede distaccata di pretura nel comune di Scilla e non mancherò di vedere se sia possibile esaudirlo al momento in cui dovrò prendere in esame le numerose istanze pervenute per analoghi provvedimenti
Cordiali saluti”.

Noi invocammo, ed invocheremo, con il desiderio di tutto il popolo di Scilla, non la sede distaccata, ma il ripristino della sede. Abbiamo fede che S. E. Oviglio esaudirà la giusta richiesta del diritto millenario di Scilla.
Maggio 1926

giovedì 19 giugno 2008

1906, quando le Ferrovie dissero no al Regio Commissario Straordinario

Il 24 febbraio 1906, il Regio Commissario straordinario del Comune di Scilla, Conte Caracciolo di Sarno Cavalier Giuseppe, attraverso una delibera redatta con l’assistenza del segretario comunale Felice Sisinni, fa “voto per la fermata qui del treno diretto delle ore 13 da Napoli a Reggio Calabria”. Tra i motivi che hanno indotto il Regio Commissario a formulare la richiesta, definite dallo stesso “giustificatissime” le problematiche inerenti il commercio locale. Il Conte Caracciolo così scriveva: “viste le moltissime domande inoltrate dai cittadini di Scilla e specialmente dai commercianti che giustamente domandano affichè il treno ferroviario proveniente da Napoli e diretto a Reggio Calabria abbia qui una fermata considerando che le ragioni addotte meritano di essere accolte perché interessano assai così il commercio locale, come gli interessi privati in generale di questi abitanti, massimamente ora che il bisogno è più urgente”. Il Regio Commissario quindi delibera “di fare istanza all’Illustrissimo Capo della provincia affinché con la sua autorevole parola ed il più sollecitamente possibile venga esaudito il desiderio in merito ad ottenere che il treno delle ore 13 proveniente da Napoli e Reggio, abbia qui una fermata d’un solo minuto”. Quella proposta di fermata “d’un solo minuto” fu respinta dalla Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato che il 24 marzo dello stesso anno, attraverso una lettera indirizzata al prefetto di Reggio così giustificava la propria decisione. “Il treno diretto 5, è stato istituito allo scopo di favorire le grandi comunicazioni fra il Continente e la Sicilia, per cui è necessario che la sua marcia non venga aggravata assegnandogli le fermate alle stazioni secondarie, tento più che l’orario del treno stesso è già alquanto ristretto. Si osserva anche che Scilla fruisce già della fermata dei treni diretti 2 e 3, mentre altre stazioni d’importanza analoga, che pure hanno richiesto la fermata di qualche treno diretto, ne sono affatto prive, per cui questa Direzione Generale si trova nell’impossibilità di accogliere la domanda avanzata dal R. Commissario di Scilla”.

giovedì 17 aprile 2008

SCILLA nel Ventennio

Le immagini ritraggono alcune delle manifestazioni organizzate dal regime fascista nel periodo in cui era podestà il notaio Giuseppe Gioffrè.

venerdì 29 febbraio 2008

Padre Francesco Maria Zagari

Gli scillesi non sono stati soltanto pescatori e marinai, ma anche “pescatori di anime” come la figura, tutta particolare, di padre Francesco Zagari, frate cappuccino.
Francesco Maria Zagari nacque a Scilla il 2 agosto 1843. Il 1° agosto 1861, terminato il Noviziato, prese i voti temporanei e il 15 agosto 1864 fu ordinato sacerdote. Non sappiamo con certezza quando Padre Francesco arrivò a Molochio (dove esisteva una piccola comunità di Padri cappuccini fin dalla seconda metà del XVI secolo), né quando balenò, nella mente e nel cuore di Padre Francesco, l’idea di erigere un Santuario in onore delle Vergine di Lourdes ed un Convento per i Padri cappuccini. Alcuni manifesti, fatti stampare dal padre Zagari tra il 1880 e il 1910, oltre ad annunziare il progetto del Santuario, ci permettono di seguire man mano gli sviluppi di quest’ idea rivolta sia ai molochiesi poveri (che lo sostennero col loro lavoro) e sia ai molochiesi abbienti (che lo sostennero finanziariamente). Su questi manifesti, il laborioso frate si sottoscrive ora come «Missionario Cappuccino», ora quale «Il promotore», ovvero «Cappuccino, benché indegno». La prima pietra del Convento fu posta, sulle fondamenta dell’erigendo edificio, il 29 giugno 1890 dal cardinale Gennaro Portanova, arrivato in treno da Reggio Calabria a Gioia Tauro. A Molochio vi arrivò in carrozza, scortato da un plotone militare del 20° Fanteria di stanza a Palmi. Un anno dopo l’inizio dei lavori, Padre Zagari era giunto fino a Parigi, fermamente intenzionato a procurarsi una immagine della Vergine di Lourdes. In questa città, la terziaria francescana Suor Maria Probech Schlestatd donò al padre cappuccino una bellissima statua lignea dell’Immacolata di Lourdes. Non sappiamo da quale porto francese sia stata spedita la statua. Sappiamo che, di certo in quello stesso anno, giunse a bordo d’un vascello, sulle spiagge di Gioia Tauro. Lo Zagari, tornato nel frattempo a Molochio, inviò a Gioia il carro di massaro Domenico Caruso con a bordo tre aiutanti: Ferdinando Zito, fabbro, Michele Morabito e Carmine Trimarchi contadini. La statua fu condotta a Molochio, in forma privata, e portata in casa del parroco di Molochio, Mons. Rocco Zagari, fratello di Francesco. In questa sede la statua della Madonna stette per ben 9 anni; difatti, soltanto il 14 settembre 1901, potè trovare accoglienza presso l’altare maggiore della chiesa appena finita. Nel 1900, il Santuario era pronto ad essere inaugurato, quando l’uccisione di re Umberto di Savoia, fece rinviare l’inaugurazione. Il 14 settembre 1901, festa dell’esaltazione della Croce, il Convento veniva inaugurato. Il nucleo originario del convento fu una piccola casa abitata da Padre Francesco Zagari con un terziario francescano, nativo di Molochio, tal Carmelo Maio. Ma Padre Zagari, chiedendo licenza ai superiori dell‘ Ordine francescano, il 24 luglio 1884, trasforma la casetta in un piccolo convento che è in grado di ospitare una comunità composta dal Superiore padre Carlo da Frattamaggiore, Padre Paolino, Padre Tito da Villa S. Giovanni e lo stesso Padre Zagari. Fu in questo periodo che Padre Francesco Zagari iniziò a predicare la possibilità di poter erigere un Santuario alla Vergine di Lourdes. La figura ascetica del frate francescano trascinò il popolo molochiese fino a farlo partecipare in prima persona alla costruzione della chiesa. Anche Padre Francesco lavora in mezzo ai carrai, muratori, carpentieri, falegnami, con la pala e il piccone, cantando, pregando e inneggiando alla Vergine Maria. A questo punto, iniziò a girare l’Italia in cerca di fondi per la costruzione della chiesa e del convento. In una lettera del Commissario Generale Cappuccino, Fr. Bernardo da Patrizzi, datata Reggio Calabria, 27 novembre 1899, apprendiamo che «onde potesse più agevolmente viaggiare e raccogliere l’obolo dei fedeli destinato al cerupimento del Santuario della miracolosa Vergine di Lourdes, eretto in Molochio», Padre Francesco Maria Zagari «[…] è stato messo dal R.mo Padre Generale sotto l’immediata obbedienza di suo fratello Monsignor D. Rocco Maria Zagari Can.co e Parroco di San Giorgio». Tre anni prima, Padre Francesco era riuscito a farsi ricevere da papa Leone XIII, l’8 maggio 1896, e a perorare la causa dell’erigendo Santuario di Molochio. In questa occasione, Padre Zagari ottenne incoraggiamenti, benedizioni e indulgenze. Per ringraziare il papa delle generose offerte, il Padre cappuccino, autorizzato dal cardinale Portanova, decise di fare a Leone XIII un regalo tutto particolare: un pescespada intero. Lasciò, dunque, le incombenze del costruendo Santuario molochiese e arrivò a Scilla. Nella sua città natale, dove, supponiamo, avesse ancora rapporti parentali, iniziò a predicare in favore del Santuario di Molochio della Madonna di Lourdes, riuscendo a mettere insieme la somma adatta all’acquisto del pescespada. Finalmente, un luntro scillese, catturò, il pomeriggio del 7 maggio 1896, uno spada degno del Papa. Il pesce fu sistemato in una cassa con limoni, arance, cedri e piante odorifere e la stessa sera fu spedito col diretto per Roma. Con lo stesso treno viaggiò Padre Zagari, che doveva presentarlo al Papa il giorno dopo. «Al mio arrivo al Vaticano – scrisse Padre Francesco Zagari – le guardie svizzere permisero l’entrata del pesce-spada. Un facchino di forze erculee si collocò l’enorme peso: ma fu costretto deporlo più di una volta; dove poi, accompagnato dai gendarmi pontifici, introdurre il dono sulla balaustra della scala marmorea; e per prevenzione già data, nell’anticamera del Papa». Leone XIII accolse il Padre cappuccino in maniera assolutamente informale «che mi sembrò non mai di essere alla presenza di un altissimo sovrano del Supremo Gerarca, ma innnazi a un padre amorevole, ad un buono e dolce pastore». Il Sommo Pontefice gradì molto il regalo. Col pescespada, arrivò al Papa un epigramma del latinista reggino Diego Vitrioli. Padre Zagari non rimase molto tempo a Molochio: fu trasferito presso il Convento di Fiumara di Muro. In questo convento finì la sua vita terrena il 29 marzo 1918. Cosa accadde al Convento e alla Chiesa della Vergine di Lourdes di Molochio, una volta che il fondatore se ne fu allontanato? Tra il 1910 e il 1914 il Convento e la Chiesa furono chiusi. Nel 1914 il piccolo complesso fu riaperto da Padre Serafino da Scilla, che vi rimase fino al 1919. Da questa data fino al 1935 il piccolo Convento e la Chiesa furono completamente abbandonati. Dal 1935, però, iniziò un lentissimo cammino verso il recupero sia degli ambienti del Convento (le cellette dei frati, divise da semplici tavole non erano adatte a riparare sufficientemente dalle intemperie) e della Chiesa della Vergine di Lourdes. Solo nel 1996 il «Conventino» di Molochio fu completamente ricostruito, grazie all’opera infaticabile di Padre Benigno Morabito. Anche la Chiesa fu riportata agli antichi splendori, così come ancora adesso si può vedere. Gli scillesi che fossero interessati a visitare questo Sacro luogo, voluto fortemente da uno scillese, devono contattare preventivamente i Padri Cappuccini di Taurianova, che hanno pertinenza sul «Conventino».

per gentile concessione dello storico prof. Francesco Cento, nato a Taurianova, cresciuto a Scilla, residente a Genova.

domenica 27 gennaio 2008

LUIGI GAETANO GULLI', musicista dimenticato

«Un’altra parola ancora, prima che la tua nave salpi, rivolta
verso la tua Patria, per augurarti un buon viaggio e tanta
felicità.
Sarà per te un lieto ritorno, anche in questi tempi: e tu –
Italiano – proverai una vera emozione quando vedrai i bei
lidi antichi della Patria tua.
Non ci dimenticare; e ricordati che noi non ci
dimenticheremo mai di te.
Ti terremo, sempre, come amico carissimo; e il ricordo della
tua bella musica e delle ore trascorse insieme saranno tesori
rinchiusi gelosamente, e per sempre, nei nostri cuori.
Un brindisi all’Italia e a tutti i suoi figli.
Addio: e che sia tua la migliore fortuna.
Devotissimamente tua
».
Così scriveva nel 1918 John L. Shotall al maestro concertista Luigi Gaetano Gullì, il quale dopo avere diretto il Conservatorio di Shermon nel Texas ed essere stato docente presso il College of Music di Chicago, lascia l’America per rientrare in Italia. Un viaggio che il famoso musicista scillese non avrebbe mai concluso perché la morte lo colse durante la navigazione. Le sue spoglie furono raccolte dal mare, quel mare che tanto amava. Luigi Gaetano Gullì, musicista apprezzato per il suo temperamento artistico, l'impenetrabilità della sua acutezza interpretativa, la sicura ed energica tecnica al pianoforte nacque in una famiglia appassionata di musica. La madre, donna Annunziata Delfino si dedicava al canto e spesso il marito, l’avvocato Giuseppe Gullì, l’accompagnava alla spinetta. Domenico, fratello di Luigi Gaetano era anch’egli maestro di musica e fu per molti anni direttore della Banda di Scilla. Ma anche le sorelle erano affascinate dalla dolce arte tanto, che la casa di piazza San Rocco era considerata un vero e proprio proscenio della lirica. Tuttavia, il talento di Luigi Gaetano non aveva eguali. Era un bambino prodigio che a soli sette anni, tenne il suo primo concerto a Reggio Calabria suscitando un tale entusiasmo che l'Amministrazione provinciale, lo mandò a proprie spese al Regio Conservatorio di Napoli. Al San Pietro a Maiella studiò sotto la giuda di Beniamino Cesi e Lauro Rossi. Diplomatosi in pianoforte si trasferì a Roma dove in poco tempo divenne uno dei prediletti dei salotti aristocratici della capitale. Qui stringe una salda amicizia con Gabriele d'Annunzio, il quale, tra l’altro, gli dedicò un passo nel suo primo romanzo "Il Piacere". Lipsia, Copenaghen, Berlino, Oslo, Parigi, lo videro protagonista di indimenticabili interpretazioni a tal punto da entrare nelle cronache del prestigioso “Le Figarò”. In Norvegia conobbe Eduard Grieg, che ne apprezza le doti musicali, la modestia e la semplicità d'animo. Fu membro onorario della Reale Accademia di Santa Cecilia, ricevette vari doni dai componenti della famiglia reale. La regina Margherita lo volle premiare personalmente per avere portato alto il nome d'Italia nel mondo. Il suo nome venne iscritto nel Libro d'Oro di Norvegia. La sua attività concertistica lo portò in Europa e in America, imponendosi soprattutto col quintetto “Gulli’”, da lui fondato e diretto. Il 31 dicembre del 1886, il consiglio comunale di Scilla plaudendo per i “successi massimi riportati nell’arte musicale nel suo recente viaggio all’estero”, gli rivolse un “saluto d’ammirazione” e stabilì di porre una sua fotografia nella sala consiliare. La foto presente in municipio sino agli anni Venti fu sottratta da mano ignota. Pur tra tanti impegni, Luigi Gaetano Gullì non dimenticò mai la sua terra, tornò frequentemente nella sua Scilla e soggiornò spesso tra le frescure della sua villa di Melia.
“Sfumature”, “Foglio d'album”, “Movimento di valzer”, sono alcune delle sue composizioni custodite presso il Conservatorio di Roma. Il maestro Salvatore Tripodi, docente e studioso emerito, li ha recentemente rispolverate ed introdotte allo studio degli allievi del Conservatorio “Francesco Cilea” di Reggio Calabria. La città che gli diede i natali però oltre al "voto" di intitolare una via, che risale al 1924, non ha fatto niente per ricordare ed onorare l'illustre figlio.