lunedì 24 dicembre 2007

A U G U R I ! ! !

BUON NATALE !!!

domenica 16 dicembre 2007

"I FATTI DI SCILLA"

C’è un episodio che, l’inesorabile trascorrere del tempo, ha cancellato dalla memoria comune. Una vicenda che all’epoca suscitò scalpore tanto da meritare ampi articoli sulla stampa locale anche in occasione del conseguente processo penale. E’ un caso, sfociato in fatto di cronaca, che evidenzia lo spirito di critica ai soprusi che un tempo animava gli scillesi. Nella tarda serata del 4 maggio 1920, un inusuale campanello di gente staziona in piazza San Rocco. I convenuti appartengono stranamente alle più svariate classi sociali. Unico fattore che li accomuna, oltre all’essere cittadini di Scilla, è l’appartenenza alla locale sezione degli ex combattenti. Man mano che trascorrono i minuti, la folla s’ingrossa e l’iniziale sparuto campanello, è irrobustito anche da donne e ragazzi. Qualcuno, quasi seguendo un copione già definito nei minimi dettagli, entra nella chiesa di San Rocco, raggiunge il campanile e inizia a far suonare le campane. E’ un segnale, l’ultimo appello che annunzia l’inizio della rivolta contro il Palazzo. Scilla insorge contro il carovita e le ristrettezze alimentari. Nel mirino dei manifestanti, l’amministrazione comunale, guidata dal commissario prefettizio Alessandro Canale, rea di avere approvato un provvedimento con cui si dispone il razionamento del pane. Quella notte, come recita la sentenza penale, “buona parte della popolazione” si riversò in piazza. La folla tentò di occupare il municipio, presidiato da carabinieri e guardia di finanza. I militari avevano la consegna di restare immobili e non replicare alle invettive dei dimostranti. Formato quindi un cordone invalicabile a difesa della casa comunale, i tutori dell’ordine pubblico restavano impassibili innanzi alla marea di scillesi in tumulto. L’ordine era quello di non dare alcuno spunto capace di infiammare ulteriormente gli animi. Tuttavia, questa forma di “adattamento” adottata da carabinieri e guardia di finanza, non durò a lungo. La situazione precipitò e si passò al corpo a corpo. Le forze di polizia, armi in pugno, caricarono la folla. Seguirono scontri violenti. Una donna assalì il maresciallo e con un morso lo ferì al naso. Il gran trambusto consentì ad alcuni di penetrare all’interno del palazzo comunale. I manifestanti, messi a soqquadro alcuni uffici, accatastarono mobili e documenti dandoli alle fiamme. Si trattò, comunque, di un tentativo d’incendio. Le poche persone riuscite ad entrate nel municipio furono costrette a battere in ritirata dall’intervento energico dei carabinieri. La sommossa ebbe conseguenze penali che coinvolsero circa trenta cittadini. Tra gli imputati, difesi da un collegio di legali composto, tra gli altri, dal futuro sindaco e podestà Valentino Varbaro, vi era anche il commendatore Giuseppe d’Amico (nella foto), importante figura della vita politica cittadina che in futuro sarà nominato commissario prefettizio ed eletto più volte sindaco. Nel 1921, i giudici del Tribunale penale di Reggio Calabria mandarono assolti tutti gli imputati, poiché non “fu possibile ricostruire esattamente i fatti”. La stesura di quel verdetto, a parere dello storico Domenico Cersosimo, fu determinata anche da fattori “politici”, che vanno individuati nel mutato clima politico nazionale. I disordini di quella notte furono ricordati dalla stampa come “I fatti di Scilla”.

venerdì 14 dicembre 2007

L'Aquilotto scillese

Rocco Siclari, di Diego e di Macrina Siclari nacque a Scilla il 25 agosto 1909 in una delle baracche post-terremoto ubicate nell’area dell’ex campo sportivo, dove oggi sorge la villa comunale. Arruolatosi nella Regia Aeronautica agli inizi degli anni trenta, frequentò i corsi di addestramento per sottufficiali piloti, al termine dei quali fu nominato sergente. Assegnato ad uno stormo di stanza in Puglia. Avviato ad una brillante carriera militare, grazie alle sue particolari doti ed alla preparazione e competenza in campo aeronautico, ben presto fu promosso al grado di sergente maggiore pilota. Esplosa la guerriglia in Etiopia, Rocco Siclari venne trasferito insieme al suo stormo nella zona operativa dell’Emberterà.
Il sacrificio estremo del sergente maggiore pilota, medaglia d'argento al valor militare, protagonista di una memorabile azione aerea nella zona dell'Emberterà, è stato ricordato nel corso della celebrazione del XXX anniversario della fondazione della sezione dell'Associazione arma aeronautica e del XL anniversario della morte del generale di squadra aerea, Silvio Napoli, organizzata presso l'aeroporto dello Stretto dalla sezione provinciale. Il due giugno del '37, “l’aquilotto scillese” chiese insistentemente di partecipare ad una azione di guerra nel deserto africano. Il pilota di Scilla si distinse tra i colleghi della propria squadriglia infliggendo gravi perdite al nemico. Ma, purtroppo, il destino in agguato rapì la sua giovane vita tra l'azzurro di quel cielo che tante volte lo aveva visto protagonista. Il suo aereo fu colpito da alcuni micidiali proiettili esplodenti. L'aquilotto riuscì ugualmente ad atterrare tra le dune dell'Emberterà. Il giovane aviatore, raggiunto e circondato da ingenti truppe nemiche, invece di arrendersi resistette arma in pugno sino all'ultima pallottola. Per tributare il giusto omaggio alla memoria
dell’eroico scillese, l’Associazione Arma aeronautica ed il Comune di Reggio Calabria hanno inserire il nome di Rocco Siclari nel monumento agli eroi reggini dell’aria realizzato sul lungomare della città della Fata Morgana.

MOTIVAZIONE
Medaglia d’argento al Valor Militare (alla memoria)
“Chiedeva insistentemente di partecipare ad una azione di guerra in zona Emberterà. Con grande precisione e cosciente sprezzo del pericolo, infliggeva forti perdite al nemico.
Costretto, perché colpito irrimediabilmente al motore, atterrava fra le orde ribelli che egli stesso aveva posto in fuga, combatteva da prode contro nemici mille volte superiori al numero, finché, soverchiato dalla furia selvaggia, cadeva con l’arma in pugno, immolando la sua giovane vita per la gloria della Patria che tanto amava”.
Cielo dell’Impero, 2 giugno 1937 XV B.U. 1938 Didp. 48ª pag. 1223
La medaglia d'argento al valor militare Rocco Siclari viene commemorato annualmente a Reggio Calabria dall'Associazione Arma Aeronautica. Nel 2006, l'Anassilaos, nell'ambito della cerimonia dedicata ai caduti militari e civili di Reggio e provincia ha consegnato una targa ricordo ai familiari. A pochi giorni dal 2008, cioè a quasi 71 anni dall'eroica morte, il comune di Scilla non ha ancora "trovato" il tempo per ricordarlo. Nemo profeta in Patria!!

Il massimo della pena

Gran Corte Criminale
della
Prima Calabria Ulteriore


La Corte
Dichiara Filippo Bova da Scilla colpevole d’omicidio premeditato con arma da taglio assassinio in persona di Rocco Fava primo eletto del comune di Scilla avvenuto il 13 novembre 1830. Filippo Bova e la sua famiglia da lunga data esercitavano abusivamente l’uso del monopolio atto alla vendita di prodotti ittici. Quando il soggetto passivo fu investito della carica di primo eletto, decise di porre fine a tale arbitrio. E per tali motivi venne ucciso. Condanna Filippo Bova alla pena di morte; al ristoro delle spese di giudizio liquidati in 99 ducati e grana 20 a profitto della Reale Tesoreria.

Reggio li 3 gennaio 1832


Corte d’Assise di Reggio Calabria

La Corte
Dichiara Antonino Chirico, fu Filippo, di anni 28, cardaio, da Scilla, nullatenente, celibe, analfabeta, non militare colpevole di grassazione accompagnata da omicidio in persona di Pietro Tigani, assassinio avvenuto l’11 ottobre 1868. L’imputato aggredì la vittima uccidendola e depredandola di un carico di olio, il misfatto avvenne a Scilla. Condanna Antonino Chirico alla pena di morte e alle spese di giudizio a favore dell’Erario Nazionale.

Reggio Calabria li 2 febbraio 1871