giovedì 30 luglio 2015

Fulco Ruffo di Calabria eroe e asso aeronautico

REGGIO CALABRIA. Il principe Fulco Ruffo di Calabria (Napoli, 12 agosto 1884 - Ronchi di Apuania (Massa), 23 agosto 1946), XVIII conte di Sinopoli, VI duca di Guardia Lombarda, nobile dei Principi di Scilla,  è stato un eroe e asso del Servizio aeronautico del Regio Esercito. Durante la Prima guerra mondiale,  conseguì 20 vittorie aeree ottenendo una promozione per meriti di guerra e venendo insignito di una medaglia d’oro al valor militare, due d'argento, quattro di bronzo e di numerose altre onorificenze italiane e straniere.

Effettuati gli studi nel collegio di Mondragone,  il 22 novembre 1904 si arruola come volontario a Foggia, nel XI Reggimento cavalleria leggera "Foggia", alla Scuola ufficiali di complemento. Nel maggio 1905 è promosso caporale, nel novembre dello stesso anno sergente, nel febbraio 1906 sottotenente. Successivamente si trasferisce in Somalia dove rimane tre anni presso una società italo-belga che si occupa di commercio fluviale.

Allo scoppio della prima guerra mondiale rientra in Italia e si arruola volontario nel Battaglione aviatori. Conseguito il brevetto al Centro di formazione di Torino- Mirafiori nel 1915, viene inviato sul teatro di guerra.

Dopo le prime esperienze di volo in una Squadriglia di ricognitori, nel 1916 viene assegnato ai Reparti da caccia.

Nel 1917 viene assegnato alla 91ª Squadriglia aeroplani da caccia, la famosa "Squadriglia degli Assi" comandata da Francesco Baracca, alla cui morte, nel giugno 1918, ne subentra in comando.
Il 20 ottobre 1918 viene abbattuto mentre è in volo oltre le linee austriache; miracolosamente riesce ad atterrare e a riattraversare il fronte.

Finita la guerra Fulco Ruffo di Calabria rimane nel Regio Esercito fino al 1925  congedandosi con il grado di maggiore.

Nel 1934 viene nominato senatore del Regno d’Italia.

Il principe Fulco Ruffo di Calabria e il padre della regina del Belgio Paola di Liegi.

Al Museo Storico dell'Aeronautica Militare di Vigna di Valle (Bracciano) è esposto lo Spad S-VII di Ruffo di Calabria.

MOTIVAZIONE MEDAGLIA D'ORO VM
Dotato di elette virtù militari, pilota da caccia d’insuperabile ardire, provato in ben cinquantatre scontri aerei, con spirito di sacrificio pari al suo valore, continuò a cercare la vittoria ovunque la poteva trovare. In due mesi fece precipitare quattro apparecchi avversari sotto i suoi colpi sicuri. Il 20 luglio 1917, con incredibile audacia assaliva da solo una squadriglia compatta di cinque velivoli, ne abbatteva due e fugava i superstiti. Mirabile esempio ai valorosi.
Cielo di Castagnevizza, 14 luglio - Cielo di Tolmino, 17 luglio - Cielo di Nova Vas, 20 luglio 1917.

domenica 13 luglio 2014

Il grano del bastimento planato sugli scogli di Chianalea

SCILLA. Non era la prima volta che un bastimento andasse a sbattere tra gli scogli di Chianalea. Era già accaduto nel 1848 quando un vascello genovese violò la possente roccia di Piana delle Galee. Allora il porto non era stato ancora costruito e quella insolita circostanza portò l’Amministrazione comunale a sollecitare, ancora una volta, la realizzazione del molo. Questa volta, a distanza di oltre 70 anni e con il porto oramai ultimato, il naufragio lasciò tutti sorpresi. Siamo agli inizi degli anni Venti del secolo scorso, il mercantile con le stive piene di grano sfugge al governo della plancia di comando. La nave, oramai preda dei marosi, si abbatte sugli scogli di Chianalea, proprio davanti la casa della maestra Giordano, dove ora è ubicato il ristorante ‘Il Casato’. Si racconta che l’impatto fu tremendo tanto da tranciare in due metà lo scoglio posto sotto l’abitazione dell’insegnate. Quest’ultima, donna colta e impareggiabile educatrice, certamente non difettava d’altruismo e di spirito d’iniziativa. Dopo i primi momenti di comprensibile panico, l’energica maestra scillese si diede al salvataggio dell’equipaggio. L’impegnativa opera volontaria di soccorso colpì profondamente i marinai, i quali donarono alla maestra Giordano due collane di corallo rosa (una ancora gelosamente custodita dalla figlia Nella Sisca). Intanto, a seguito della collisione, il grano era stato catapultato sugli scogli. Gli anni successivi al primo dopoguerra non erano certamente facili per l’intera nazione. La profonda crisi si acuì, in concomitanza con una gravissima recessione economica europea. Il momento di grande difficoltà non risparmiò Scilla e gli scillese, tanto da determinare una agitazione popolare. Gli scillesi insorgono contro il carovita e le ristrettezze alimentare. Ad innescare la miccia, fu la decisione del Commissario prefettizio di razionare il pane. I cosiddetti ‘Fatti di Scilla’ che culminarono con l’assalto al Municipio e conseguenti corpo a corpo con le forze di polizia, finirono in Tribunale dove una trentina di scillesi, appartenenti alle più svariate classi sociali, furono giudicati e assolti. Quel grano finito sugli scogli di Chianalea, dovette apparire agli scillese come un segno benevolo della Divina Provvidenza. E allora tutti tra le rocce a raccattare le ‘celesti’ graminacee.

mercoledì 26 giugno 2013

La chiesa e la Confraternita del SS Rosario

SCILLA. La chiesa del SS Rosario, gravemente danneggiata dal terremoto del 1908, sorgeva di fronte la chiesa di San Rocco nella parte di piazza sovrastante il locale Vertigine. Era sede dell’omonima Confraternita, costituita in gran parte dal ceto abbiente (nobili, proprietari terrieri, professionisti, benestanti). I confratelli e i loro stretti congiunti, alla morte, venivano sepolti nella cripta ubicata al di sotto dell’attuale piazza San Rocco. L’inumazione in cripta avvenne, presumibilmente, sino all’ottobre 1842 quando, alla presenza del Regio giudice Don Gaetano Catalani e del sindaco Don Tommaso Cutellè fu consacrato dall’arciprete Paolo Tuzzo il Camposanto ubicato in contrada Santa Croce. Con l’editto di Saint Cloud (12 giugno 1806) esteso in Italia dall’Editto di polizia medica del 5 settembre 1806), Napoleone stabilì che “le tombe venissero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati”. Trascorsi 36 anni Scilla ebbe il suo Camposanto che, di fatto, abolì le cripte sepolcrali. La Confraternita fece edificare all’interno dell’attuale cimitero il sepolcro del SS Rosario. Tornando a parlare della Chiesa del SS Rosario vi è da aggiungere che nel corso dei lavori di ristrutturazione della chiesa di San Rocco è stata scoperta l’esistenza di un cunicolo sotterraneo che collegava i due due monumenti di culto.

sabato 22 giugno 2013

Scilla e il trenuoto del 1783 nei racconti del Vivenzio

Marina Grande nel 1781 incisione del Padre Domenicano Antonio Minasi
Giace la Città di Scilla, tanto dà Poeti celebrata, alle falde di un monte bagnate dal mar Tirreno, o sia inferiore, e della quale P. Minasi Domenicano ne ha da due anni data la veduta in un gran rame. E’ divisa in tre quartieri, uno detto S. Giorgio rivolto a N., l’altro dell’Acqua grande coll’aspetto al S., ed il terzo delle Gornelle, e Livorno fra i due primi, in una piccola pianura formata dalla montagna prolungata nel mare, e che termina in uno Scoglio grandissimo, sul quale è fabbricato il Castello, o sia Palazzo Baronale”. Così scriveva Giovanni Vivenzio, illustre scienziato e letterato, studioso di vulcanologia e sismologia, cavaliere del Reale e militare Ordine Costantiniano di San Giorgio nella sua opera “Istoria e teoria de’ tremuoti in generale ed in particolare di quelli della Calabria, e di Messina”, edito dalla Stamperia Regale di Napoli nel 1783 (esiste un esemplare nella Biblioteca nazionale di Roma). Il docente universitario, giunto qualche giorno dopo, studiò il fenomeno e raccolse le testimonianze dei superstiti, e con gli occhi del cronista così continuò a parlare della Scilla colpita dal tremendo cataclisma: "Nell’orribile scossa de’ 5 Febbrajo cadde ad un tratto la quarta parte della Città, e il resto fu conquassato in modo da non potersi abitare.
Oliveto nel 1781 incisione del Padre Domenicano Antonio Minasi
Nel tempo medesimo dalla Bastia alta trecento palmi (così vien chiamata parte della marina) rotolarono gran massi di terra, e pietre, che ricoprirono due Case, e tre Casini (Furono involte fra le rovine due Madri, e due Fanciulli di tenera età); e poi all’ore 21 si vide precipitare un gran tratto della montagna detta Monasina, ch’è all’estremo della marina grande dalla parte del Sud. In tanta sciagura, e confusione gli Abitanti del quartiere S. Giorgio, approssimando la notte si ricoverarono negli Orti vicini; e quelli degli altri quartieri nelle adjacenti marine, parte sotto alle tende, e parte sulle Barche, trasportando seco loro il più prezioso, che avevano, seguendo l’esempio del loro Padrone Conte di Sinopoli, che si pose sopra una comoda Barca con quarantanove suoi Cortigiani. Inoltrarsi la notte, verso le ore otto d’Italia, essendo l’aria, ed il mare in tranquillità, e cadendo una placida piova, s’intese un grandissimo strepitio cagionato dal rovesciamento di un pezzo di terra dell’estensione di un miglio, e mezzo quadrato, staccatosi dalla montagna detta Campallà. Tal dirupamento diede il gusto alle Vigne, ed agli Alberi di quella contrada, ricoprendo la pietra del mare chiamata Formicola, ed il piano di Pachì, costituendo due punte tra il capo dello stesso nome, e S. Gregorio, e formando sulla marina detta la Nave un piano coltivabile.
Scilla nel 1781 incisione del Padre Domenicano Antonio Minasi
Mezzo minuto primo dopo tale rivoluzione si videro venire dalla parte di S. S. W. due sterminati cavalloni di acqua del mare, preceduti da un mugito orribile, che ad un tratto lanciandosi sul lido, misero sossopra, ed ingojarono le Barche, e le tende colla perdita di mille quattrocento trentuno Cittadini, de’ primi piani delle Case situate alla marina, e gittati incontro alle mura colle stesse Barche, e parte furono trascinati nel mare dal ritiramento delle onde (Come la mortalità di coloro, che rimasero sotto le rovine della Città non fu, che di pochi individui, e nello Stato Generale si vedono notati 1448, ho stimato perciò nella nota antecedente per esattezza specificare il numero de’ morti sotto le dette rovine; giacchè tutti gli altri morirono suffocati dalle acque del Mare). Questo gran fracasso, durò circa due minuti primi, ritornando indi il mare alla primiera calma (Vi sono altri esempj d’inondazione del Mare per effetto di Tremuoto). Fra gli estinti vi fu il nominato Conte di Sinopoli con i suoi Cortigiani. Gli Abitanti del quartiere S. Giorgio ricoverati negli Orti vicini non soffrirono alcun danno. Quelli dell’Acqua grande, che si erano collocati nella Chianella, e marina dell’Oliveto furono in parte danneggiati, ma quelli delle Gornelle, e Livorno, che stavano sulle Barche, e sotto le Tende nella Marina grande furono quasi tutti sommersi. Alcuni di quella Gente infelice salvatisi a nuoto, chiedevano ansanti del vino da bere; e dopo bevuto, morivano all’istante. Gli altri rimasti vivi asserirono, che le acque del mare erano caldissime; in fatti molti si sono trovati con pieghe della natura di quelle, che suol produrre l’acqua bollente. Le onde lungo la gran Marina si alzarono per ventiquattro palmi dalla parte del S., e trentadue da quella del N.. nel vallone poi di Livorno, che giace in mezzo a detta marina, s’inoltrarono sino a palmi seicento quarantasette. Ivi vennero distrutte ventidue Case, didici Casini, due Magazzini, il Fondaco de’ Manganelli per la Seta, e la Chiesa dello Spirito Santo, restando una sola Casa illesa, in cui si salvarono cento quaranta Persone. La mattina seguente a così funesta notte, tutti quelli scampati all’ira del mare ascesero in S. Giorgio, portando seco gli Storpj avanzati dall’orribil procella, de’ quali molti finirono di vivere. Per lo spazio di due mesi si sono veduti arrivare ne’ seguenti luoghi i cadaveri de’ naufragati: a Favazzina distante tre miglia da Scilla: a Bagnara sei: A Palmi dodici: alle Pietre nere quindici: a Gioja diciotto: a Nicotera trenta: a Paola cento: al Faro quattro: a Faci in Sicilia cinquanta: e finalmente in Catania (De’ Cadaveri venuti al lido in Favazzina, ed in Catania non ne ho potuto avere accurato il numero, e perciò non vien riportato)".
Scilla come appariva dopo la ricostruzione prima del 1908
Giovanni Vivenzio, nato a Nola (174?) nella prima metà del XVIII secolo, si affermò giovanissimo nei campi delle lettere, scienze e soprattutto nelle medicina, divenendo ben presto docente dell'Università napoletana. Insegnò chirurgia, ostetricia, anatomia e fisica sperimentale, fu direttore dell'Ospedale degli Incurabili e dei Reali Ospedali Militari delle due Sicilie. Nel 1780 fu nominato dal Re Ferdinando, Cavaliere Costantiniano, medico di Casa Reale e Protomedico Generale del Regno. Riorganizzò e ripristinò gli Ospedali Militari, che aboliti dal Re Ferdinando IV nel 1800, furono appunto fatti riaprire dal Vivenzio, che prospettò allo stesso Sovrano, una relazione, in cui faceva presente tutti gli inconvenienti che insorgevano, sotto ogni aspetto, dall'abolizione di tali ospedali. Il Re, con decreto del 25 ottobre 1800, ripristinò gli Ospedali Militari, in quei posti dove fossero necessari per il Regio Esercito. Fu socio di importanti Accademie sia in Italia sia all'Estero, (si ricorda quella di Medicina a Parigi e quella Imperiale a Pietroburgo).

mercoledì 19 giugno 2013

La Madonna della Consolazione a Scilla

il Quadro davanti la chiesa Matrice
SCILLA. “La “Peregrinatio Mariae” che si svolse dal 13 febbraio all’11 aprile 1948 è un avvenimento che merita di essere riportato nella storia o nel racconto della Consolazione: va tramandato alle generazioni futura come solenne e indubbia testimonianza della robusta fede non soltanto di Reggio, bensì di tutti i grandi e piccoli centri della Diocesi che è orgogliosa di essere tra le prime della Calabria per il suo carattere spiccatamente cristiano e per la sua pietà mariana. Le scene che si svolsero qua e là durante il passaggio di Maria variavano per intonazione, colori ed emotività di soggetti tali da rendersi degne di essere filmate per ricordo imperituro dell’amore del popolo all’augusta Regina del cielo”. Così scrive monsignor Ercole Lacava, canonico del Capitolo metropolitano dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria, giudice del Tribunale ecclesiastico regionale calabro, Rettore della chiesa Gesù e Maria e cappellano conventuale ad honorem del Sovrano militare ordine di Malta, nel suo libro “Il racconto della Madonna della Consolazione”. Il pellegrinaggio iniziò con la tappa da Reggio a Catona per proseguire da Catona a Villa San Giovanni; da Villa a Scilla; da Scilla a Bagnara; da Bagnara ad Archi; da Archi a Pellaro; da Melito Porto Salvo a Roccaforte del Greco; da Roccaforte a Montebello Jonico; da Fossato a San Pantaleo; da San Pantaleo a Motta San Giovanni; da Motta a San Gregorio; da San Gregorio a Gallina, Armo e Arangea; dall’Argea all’Itria; dall’Itria a Reggio Centro.
La Sagra Effige raggiunse Scilla a notte inoltrata del 29 febbraio. La gente da ore attendeva l’arrivo della Madonna, presente l’arcivescovo Antonio Lanza. Quando il Quadro arrivò l’arcivescovo parlò nella piazza illuminata a giorno a migliaia di persone e presentò i missionari che avrebbero predicato fino al 7 marzo. La Madonna lasciò Scilla sabato 6 marzo per Melia a benedire quei fedeli, che accolsero l’Immagine con testimonianza di fede, con fervore ed entusiasmo. Per i contadini, i pastori, era un avvenimento straordinario. La Madonna della Consolazione di Reggio a Melia? Chi lo avrebbe mai sognato? La sera di domenica 7 marzo, il popolo si Scilla accompagnò il Quadro fino a Bagnara, dove sostò sino al 14 marzo, quando partì alla volta di Archi. A Favazzina, esclusa all’andata verso Bagnara, il popolo si riversò per le strade e costrinse il corteo a fermare la Madonna sino alle ore 16.
notizie tratte da monsignor Lacava dall’opuscolo di un anonimo “Servo di Maria” stampato a Reggio Calabria dalla tipografia Leo nel 1948.
Sin qui il racconto sotto l’aspetto del culto mariano. Un’altra storia, tutta laica, vede quel pellegrinaggio ascritto a un fattore puramente politico: la paura della vittoria comunista nelle elezioni politiche italiane per il rinnovo dei due rami del Parlamento che si tennero domenica 18 aprile 1948. Quella effettivamente fu una campagna elettorale molto particolare dove scesero in campo santi, miti, pregiudizi e timori, paure ataviche. Le forze di centro, in primis la DC, ridestarono con ogni mezzo "la paura del comunismo", presentato come l'impero del male. Poichè molto spesso la verità stà sempre nel mezzo, devozione per l’Avvocata del popolo reggino c’è ne fu tanta ma...

venerdì 14 giugno 2013

Scilla nel percorso della “Coppa Presidente della Repubblica”

Nel 1949 nacque il Giro Automobilistico delle Calabrie “Coppa Presidente della Repubblica”, gara di velocità su strada di grande importanza propagandistica e prestigio. Con il gigantesco otto del suo percorso (pari a 732 km), era possibile partendo da Catanzaro percorrere l’intero territorio calabrese in meno di sette ore. Il Giro attraversava il centro di Scilla. I bolidi di allora percorrevano la via Nazionale in direzione Bagnara - Scilla. Il Giro inseritosi in breve tempo fra le maggiori competizioni europee vide la partecipazione dei migliori piloti nazionali ed esteri: Fagioli, Biondetti, Musso, Cabianca, Castelletti, Vaccarella, e i fratelli Marzotto. E ancora Taruffi, Villoresi, Serafini, Zagato, De Santis, Giglio, Leopardi, Carrozza, Avventurieri, il reggino Siracusa. Come non ricordare Hans Bauer, Jean Keek, De Tommaso, Donner Herman, Davis Colin, Stagnoli, Lualdi, Spighiger, Scarfiotti, Val Ever, Von Baum, Carini, Allegroni e il cosentino Scola e le spericolate Maria Teresa De Filippis, Ada Pace e Annamaria Peduzzi. Dieci furono le edizioni del Giro delle Calabrie. A seguito dei luttuosi avvenimenti di Brescia, di Monza e del Nurburgring, si decise la sospensione delle corse di velocità su strada.

mercoledì 12 giugno 2013

La Chesa Madre tra i terremoti del 1894 e 1908

In questa rara immagine, si tratta precisamente di una cartolina, è immortala l’uscita del Santo Patrono San Rocco dalla Chiesa Madre dedicata a Maria SS Immacolata. La foto risale al periodo a cavallo tra la fine del 1800 e i primi anni del 900, sicuramente, prima del disastroso terremoto del 1908, quando l’antico edificio di culto subì gravissimi danni e venne ricostruito. Nell’immagine si notano i bambini tapparsi le orecchie, segno che proprio in quel momento venivano fatti  esplodere i mortaretti in segno di giubilo. Secondo il professor Francesco Burzomato, apprezzato storico locale, la foto ritrae, tra gli altri, il canonico Brinda. Accertata questa circostanza l’immagine si potrebbe datare con più precisione. Il 4 aprile del 1838, la statua in marmo dell'Immacolata Concezione, riposta temporaneamente nella sagrestia della Chiesa Madre sopra una cappella di legno venne trasferita sopra l'altare maggiore provvisorio in legno: "ad onore della stessa Vergine nell'antico sito fabbricato in questo Comune di Scilla". Il 7 aprile dello stesso anno,  venne benedetta la nuova Chiesa Matrice e il giorno successivo "si principiò a celebrare e fare le sacre funzioni, con una folla di popolo che vi concorreva da tutti i quartieri". Il sisma del 16 novembre del 1894, danneggiò la Chiesa “tanto che si è dovuto rifare tutto, e si devono ancora rifare il campanile e altro”.

venerdì 4 luglio 2008

Antonio Gaetano Francesco d'Amico-Vita, socialista scillese di fine '800

REGIA PREFETTURA DI REGGIO CALABRIA
Antonio Gaetano Francesco d’Amico Vita, alias Piedipezza, figlio di fu Luigi e Domenica Vita, nato a Scilla il 23 agosto 1874 ed ivi domiciliato; attualmente dimorante in Firenze per ragioni di studi, possidente per lire 80 mila circa, celibe, convivente con la madre. Socialista.
CONNOTATI:
statura metri 1,62; corporatura regolare; capelli castani; bocca media; mento un po’ sporgente; viso ovale; colorito naturale; barba nascente con piccoli baffi castani.
Portamento, tranquillo con sguardo basso. Espressione fisionomica, allegra. Abbigliamento abituale, veste civile. Segni speciali, una cicatrice vicino l’occhio destro avuta in duello.
Cenno biografico al 13 dicembre 1896
Non riscuote buona fama nel pubblico, ed è messo in derisione dalle persone dabbene per le sue idee socialiste. Carattere risoluto. Educazione mediocre. Intelligenza comune. Coltura mediocre. Ha fatto gli studi fino alla 3ª elementare, però sono tre anni che frequenta il ginnasio a Messina, e fu sempre rimandato agli esami. Ora è partito per Firenze per continuarvi gli studi ed ottenervi «la licenza ginnasiale». Non ha titoli accademici. Non esercita alcuna industria o mestiere, solo si occupa dello studio. Vive di rendita. Egli fu per circa 4 anni in Messina per ragioni di studio, e si ritrova in famiglia a Scilla soltanto nelle ferie autunnali. S’ignorano le compagnie da lui frequentate a Messina, ma a Scilla non fu affiancato da nessuno per i suoi principi di socialismo. Non si comporta bene con la famiglia. La madre sua, contraria ai suoi principi, cerca frenarlo col dargli poco denaro ma egli la minaccia, le s’impone, fa dei danni in casa ed ottiene così lo scopo; quello cioè di avere i soldi che desidera. Non gli furono mai affidate cariche amministrative o politiche. Appartiene al partito socialista. Precedentemente non ha appartenuto a nessun’altro partito. In Scilla non ha alcuna influenza. Ne ha però molta in Messina con persone che dividono i suoi principi per motivo che spende per i soci, ed anche perché pretende per isposa una figlia dell’Onorevole De Felice. Durante il tempo che questi fu recluso ha soccorso egli la famiglia di lui, mandandole da 100 a 150 lire mensili. Ignorasi se è o fu in corrispondenza epistolare con individui del partito nel regno o all’estero. Non ha mai dimorato all’estero. Appartiene al partito socialista di Palmi; non risulta vi abbia alcuna carica. S’ignora se manda corrispondenze ai giornali socialisti, tanto più ch’egli è quasi sempre assente da Scilla. Nei brevi periodi di tempo che passa a Scilla per quanto risulta non riceve giornali politici. Non fa propaganda per quanto si sappia. Non è capace di tenere conferenze socialiste. Non tiene buon contegno verso le Autorità perché condannato per oltraggio al sindaco di Messina. In Scilla non ha preso parte a manifestazioni del partito perché non ve ne furono mai. In Napoli ha preso parte al Congresso socialista ch’ebbe luogo colà il 2 aprile 1896, quale rappresentante del gruppo socialista di Reggio Calabria. Non fu mai proposto per la giudiziale ammonizione. Non fu proposto e assegnato al domicilio coatto. Il 20 maggio 1895 venne denunciato all’autorità giudiziaria per delitto d’istigazione a delinquere per avere affisso al pubblico manoscritti in epoca prossima alle elezioni politiche: votate per De Felice ma non fu trovato luogo a procedere. Il Tribunale di Reggio Calabria al 30 maggio 1893 lo condannò a 26 giorni di reclusione per oltraggio al Sindaco, pena questa che venne estinta per effetto del Regio Decreto di amministra 20 aprile 1893. Lo stesso Tribunale il 14 agosto 1894 lo condannò a giorni 49 dell’istessa pena per oltraggio all’usciere giudiziario e per quale delitto venne arrestato nella flagranza addì 6 agosto 1894. La Pretura del 4° mandamento di Messina con sentenza del 19 maggio 1896 lo condannò a giorni 10 di reclusione e spese processuali per duello. Il Tribunale di Messina con sentenza del 6 luglio 1896 lo condannò a 13 mesi di reclusione e lire 1.000 di ammenda e spese di procedimento per diffamazione.
Annotazioni del Ministero dell’Interno
4.3.1929 – E’ morto a Messina nel marzo del 1925
Antonio Gaetano Francesco d’Amico Vita, figlio del notaio D. Luigi (10 novembre 1838 + 18 gennaio 1887) residente al rione Acquagrande (l’attuale Chianalea), si stabilì definitivamente a Messina dove era titolare di una libreria. Penultimo di sette figli, era, tra l’altro, nipote del farmacista dell’attuale via Umberto I, D. Gaetano (12 febbraio 1841 + 21 dicembre 1914) e fratello di Marietta Teresa Amalia (21 giugno 1881 + 20 gennaio 1977), madre del compianto don Pietro Scopelliti.

venerdì 27 giugno 2008

E Scilla perse anche la Pretura...

Della Pretura di Scilla oggi rimane questa immagine. E' la foto della sede baraccata, costruita dopo il sisma del 1908. Per la serie corsi e ricorsi storici, la documentazione tramandata dal dottor Bellantoni, medico, cronista, amministratore di spessore, fa luce su determinate e poco chiare posizioni assunte nell'attuale vicenda "chiusura ospedale". Buona lettura...
Storia – Come l’origine di tutte le cose si perde nel tempo, e difficile riesce rintracciare la storia fin dai suoi primordi, così a noi riesce impossibile precisare l’epoca in cui per la prima volta in Scilla ebbe sede il Magistrato addetto alla funzione della Giustizia. Certa cosa è che Scilla dipese quasi sempre dal Magistrato superiore risiedente in Reggio, e che fu, dopo questo, forse uno dei pochi, se non il solo dei paesi della Provincia attualmente esistenti, dove prima ebbe sede il magistrato. Il nostro rimpianto Canonico Giovani Minasi, che la sua vita, il suo ingegno e le sue sostanze dedicò alle ricerche storiche di Scilla, fa risalire Scilla, come sede di Magistrato, intorno all’anno 1000, ciò egli rilevò dal diploma di Alfonso I di Aragona del dì 8 marzo 1451, con cui si confermavano i privilegi di Scilla, tra i quali la scelta del Capitano, ossia Governatore o Giudice locale.
Questi privilegi erano stati concessi da Ruggero Conte di Sicilia, e dopo confermati dal Re Ladislao e dalla Regina Giovanna II. Tale privilegio fu, con rescritto 11 aprile 1520, dall’Imperatore Carlo V confermato. Detto rescritto ebbe il suo vigore fino all’occupazione dei francesi. Non fu solo questo privilegio che Scilla godette in fatto di Giustizia, infatti nelle lotte che sostenne contro la oppressione del feudatario conte di Sinopoli con dispaccio speciale del 12 settembre 1775 il re erigeva un tribunale speciale denominato Suprema Giunta di Scilla col mandato di eseguire tutte le cause intentate dagli Scillese contro quel feudatario. Con legge dell’8 dicembre 1806 promulgata da Giuseppe Bonaparte con la quale si divideva il Regno d’Italia in 14 province, ed in 495 Governi, si stabilì Scilla sede di Governatore, come pure Catona, Villa San Giovanni, S. Eufemia di Sinopoli, Oppido, Palmi, Polistena, Rosarno, Mileto, Sant’Agata, e Reggio solo Sottointendenza. Con legge del 19 Gennaio 1807 furono istituiti i Giudici di Pace, che nei tempi posteriori furono detti Regi Giudici, poi Giudici Mandamentali, ed oggi Pretori, e Scilla fu sede di Giudice, comprendendo nella sua giurisdizione Bagnara. Solano, Favazzina, Ciaramida e La Fossa. Bagnara fu eretta a Circondario con decreto 17 giugno 1831, e solo più tardi a mandamento. Con legge 30 Marzo 1890 si propose la soppressione della Pretura di Scilla e la sua aggregazione a quella di Bagnara. La Giunta Comunale di Scilla dell’epoca con memoria a stampa diretta al Consiglio Provinciale, che doveva pronunciarsi al proposito, difendeva i diritti della nostra Pretura. In seno al Consiglio Provinciale stesso l’avvocato Cavaliere di Cittanova ne assunse con calore e dottrina la difesa. Si riuscì in quella maniera a salvarla allora. L’avvento del fascismo al potere nell’ottobre 1922, la necessità sentita di radicali modifiche, i pieni poteri concessi al governo, attualmente al potere, il bisogno di forti economie per il riassetto della finanza dello Stato resero attuabile la soppressione di parecchie centinaia di Preture: tra queste la nostra. L’Amministrazione Comunale, la Società Indipendente Operaia, il Consiglio Provinciale protestarono per tale soppressione, e fecero voti perché essa potesse essere restituita.

Il prefetto dell’epoca, Commendatore Bodo così scriveva:

Sig. Dottore Rocco Bellantoni
Consigliere provinciale Scilla

Egregio Signore,
Preso atto di quanto la V. S. mi comunica con la sua lettera del 28 marzo u. s. Le assicuro che non manco di appoggiare l’istanza diretta a S. E. il Ministro di Grazia e Giustizia perché sia ripreso in esame il provvedimento di soppressione di codesta pretura.
Con stima

Come tutte le preture soppresse anche la nostra col primo ottobre cessò di funzionare. Voci vaganti insinuano che la nostra Pretura rimarrebbe soppressa, mentre quella di Bagnara sarebbe restituita, e quella di Scilla aggregata a Bagnara. Noi continuiamo a difendere i diritti nostri, ed in questo il pubblico intero di Scilla dovrebbe essere compatto, e siamo sicuri che lo sarà, fino al raggiungimento completo del diritto. Fino che i bisogni della Nazione ci costringeranno al sacrificio, noi per il bene della patria sapremo sopportalo, fin ché il diritto sarà eguale noi rimarremo ossequenti ed obbedienti, ma se deroga vi sarà di diritto, se la Nazione sacrifici non avrà più bisogno noi ci varremo di tutto per ottenere quel che per millennio abbiamo avuto, anche sotto forma di privilegio. Continueremo intanto in altri numeri a studiare le ragioni che giustificano la nostra sacrosanta richiesta.

Per la soppressione della Pretura di Scilla il giudice Romeo dovrà partire per nuova destinazione, ed a lui noi, interpreti del sentimento del pubblico, porgiamo il nostro saluto. Con lui partono anche il Cancelliere Giuffrè e l’addetto giudiziario Ferrari vada nello stesso tempo a loro il nostro saluto. Per la soppressione della Pretura di Bagnara è dovuto partire il giudice Basilio Laganà, che resse anche per parecchi mesi la nostra Pretura. Bagnara, tutta, volle rendere al colto e integerrimo magistrato una manifestazione di simpatia, che fece dimenticare e cancellare un atto inconsulto verso lui commesso in altro tempo. Noi che qui l’avemmo, che lo conosciamo non da oggi, e che abbiamo avuto il mezzo di constatare quanto egli sappia accomunare sapere e giustizia, anche noi, ed in noi è anche compresa tutta la nostra cittadinanza, rivolgiamo il saluto e l’augurio che di lui ne siano sempre apprezzate e riconosciute le doti in maniera che possa ascendere nella carriera ai più alti e ambiti posti.
Novembre 1923
Circola persistentemente la voce che coll’anno nuovo sarà restituita la Pretura a Bagnara, e che quella di Scilla, sarà annessa ad essa. Man mano che queste voci vanno pigliando consistenza una spontanea e viva agitazione negli animi dei cittadini scillesi si va preparando. Sarebbe una grave iattura per Scilla, - peggiore ancora dell’avvenuta soppressione – quella di tale provvedimento. Scilla non potrà né dovrà essere annessa a Bagnara; ragioni di convenienza, di tempo, di luogo, di transito; interessi economici e di affari tutto contrasta con tale provvedimento. Villa è sulla via di Reggio e di Messina, dove gli Scillesi ogni giorno accorrono per affari: potranno usufruire utilmente di parte della giornata se colà dovranno convenire per affari di giustizia. Scilla non ha questi interessi con Bagnara; per il cittadino sarebbe uno spreco inutile di tempo: urterebbe contro ogni convenienza economica. I mezzi di comunicazione sono più facili con Villa. Quindi il dilemma è semplice: o restano le cose come sono, o Scilla abbia uguale trattamento a Bagnara. Se a Bagnara sarà restituita, sia restituita a Scilla: se a Bagnara vi sarà istituita sezione di pretura, sezione di pretura sia anche Scilla. Giustizia lo vuole, e la popolazione lo reclama. E noi fidiamo nella giustizia imparziale del governo.
Dicembre 1923
A Bagnara è stata concessa una sessione di Pretura, e Scilla è stata annessa ad essa.
Noi abbiamo più volte deprecato tale danno. Pare però che la nostra voce e le buone ragioni che noi abbiamo adottate non abbiano convinto le autorità. Nella popolazione vi è, un vivo fermento, che man mano aumenta, e che un giorno o l’altro sprigionerà.
Noi ancora oggi, come ieri e come sempre ripetiamo che Scilla non potrà e non dovrà avere trattamento diverso di Bagnara, e non ci arresteremo fin quando ciò sarà ottenuto.
Marzo 1924
Il fermento che noi abbiamo più volte rilevato per la soppressione della Pretura va sempre più pigliando consistenza.
Tanto maggiormente in quanto si sparse la voce, che Seminara, - la quale aveva avuta soppressa la Pretura prima dell’ultimo decreto e poi riottenuta in seguito a gravi commovimenti popolari, l’ebbe soppressa di nuovo insieme con Bagnara e Scilla, - ha ottenuto, come Bagnara, la sessione.
Questa disparità, se la notizia è vera, è grave.
E’ grave perché Scilla non potrà sopportare questa differenza di trattamento, odioso e dannoso.
Noi richiamammo l’attenzione delle autorità più colte; e ancora ciò facciamo.
L’Unione Indipendente indisse una riunione dei Presidenti di tutte le associazioni del paese, in essa il Presidente della Società Cerchiai, Sig. Paolo Caratozzolo prospettò l’idea dell’astensione dal voto, ciò che egli ripetette innanzi all’avvocato Barbaro, candidato nella lista Nazionale. Per conto e nome delle Associazioni tutte fu, dal Comm. P. Macrì, Presidente dell’Unione Popolare, presentato all’Avv. Barbaro, in occasione della sua venuta in giro elettorale a Scilla, un memoriale allo scopo di riottenere il ripristino della Pretura, ed anche per la soppressione della tassa del vino. Con molto calore, nella stessa occasione, il Sindaco Cav. Avv. Varbaro sostenne la necessità del ripristino di essa, e prospettò i più urgenti e indispensabili bisogni del paese.
Ci auguriamo che ben presto i giusti desiderati siano ottenuti.
Aprile 1924
E’ da tutti quelli che hanno provato quanto è duro, fastidioso e dispendioso recarsi in Villa S. Giovanni o in Bagnara per espletare affari di giustizia, da tutti quelli che per togliersi di fastidio rinunciano a far valere per legge diritti, o chiedere condanne di colpe, che siamo sollecitati a riandare sulla vessata quistione della Pretura. Or noi abbiamo ripetutamente compiuto il nostro dovere occupandoci di questa questione a pag. 88 – 110 – 130 – 179 – 197 della prima annata della Rassegna: non ci fermeremo.
Che cosa hanno fatto enti, società, privati? Nulla, che noi ci sappiamo.
Or non basta che si scriva qualche nota per ottenere quel diritto secolare che si è perduto, ma è necessario dimostrare che in realtà questo diritto è sentito come bisogno non di pochi, ma della collettività. Privatamente tutti si lamentano, collettivamente tutti tacciono. Le società, che abbondano per numero, pronte ad osannare uomini, ad occuparsi di politica anche contro le regole statutarie, sollecitate a sbandierare i loro fiammanti vessilli a richiesta di uomini, che hanno per questa quistione capitale fatto? Nulla. Bagnara ha ottenuto la sessione e Scilla è vassalla di Bagnara e di Villa, sembra che la Giustizia di Scilla è un balocco che or è lanciato verso Villa, or verso Bagnara. Come Bagnara, Seminara, Polistena, anche esse hanno ottenuto la sessione. Per ottenerla che cosa hanno fatto questi paesi? Han lasciato mezzi intentati? Scilla aspetta che la Provvidenza di qualche mecenate gliela restituisca, per poi ottenere il vassallaggio? Aspetta l’asino, che l’erba cresce. Corre voce che l’Amministrazione abbia fatto richiesta della sede della Pretura per insediarvi le scuole. Non crede essa che tal passo, se vero, possa far credere che Scilla si è adattata prontamente a tale soppressione. Non perdiamo la fiducia in un ritorno, e lasciamo intanto stare la sede pronta. Non si aumentino gli inciampi. Intanto, dopo la soppressione del carcere, lamentiamo ancora che la stazione dei RR. CC. Non è più sede di Maresciallo Maggiore, ma di semplice Maresciallo.
Ad pejora!
Settembre 1924
“L’Agenzia Nazionale“ scrive che l’on. Rocco intenderebbe di questi giorni procedere ad una revisione delle soppresse Preture dal suo predecessore Oviglio ricostituendone molte in seguito a voti espressi da parte di enti locali e sezioni fasciste specialmente del Mezzogiorno. Noi ci permettiamo, - come facemmo tante atre volte per l’Amministrazione dimessa, - richiamare l’attenzione del Sig. Regio Commissario affinché presti la sua opera al fine di ottenere il ripristino della Pretura. Mettiamo sull’avviso l’egregio Commissario, che un lavoro preparatorio ai danni della nostra Pretura è stato fatto da Bagnara, perché questo paese fosse la sede della giustizia anche per Scilla. Il danno ne sarebbe incommensurabile, e sarebbe in vero delitto commesso avverso il diritto di Scilla. Il Sig. Regio Commissario certamente si renderà conto della gravità e urgenza del momento, e non risparmierà la sua valida cooperazione e siamo sicuri – ove egli lo credesse opportuno – non risparmierà di recarsi di persona alla Capitale per perorare validamente così importante causa a pro dei cittadini di Scilla. Egli sarà in ciò sorretto dall’appoggio completo, indistintamente di tutti i cittadini. Il fascio, - che è l’unico ente associato nel momento presente, il quale potrà influire presso gli organi statali e politici, - spenderà ne siamo convinti tutta la sua poderosa opera per la restituzione, addimostrando con fatti l’amore verso il proprio paese. Il paese attende fiducioso.
Novembre 1925
Siamo informati che si sta procedendo alla verifica per il ripristino delle Preture soppresse. Noi non ripetiamo le ragioni che militano a favore del ripristino di essa, ragioni che abbiamo espresso in molteplici scritti come a Anno I pag. 110, 130, 179, 197, Anno III pag. 155 – 265. La popolazione, conscia del suo buon diritto fiduciosamente attende ansiosa il ritorno della sede, ritorno che non può mancare, perché è sicura che il governo si sia già reso conto del danno che la soppressione ha arrecato ai cittadini di Scilla, senza alcun tornaconto economico da parte dello Stato. Noi che abbiamo compiuto intero il nostro dovere di cittadini e di pubblicisti nutriamo completa fiducia che il provvedimento non tarderà.
Marzo 1926
E’ con grande compiacimento che pubblichiamo quanto la “Società Indipendenti”, ha fatto per ottenere il ripristino della Pretura nostra. Essa che alla nostra campagna ha, per altra via, unito il suo interessamento, merita la riconoscenza di tutti per l’opera sua dispiegata, e va incoraggiata per tutto quanto essa compie per il bene generale del paese di cui ha in differenti occasioni dimostrato il suo interessamento. Nel 1924 essa indisse una riunione di tutti i presidenti delle Associazioni di Scilla allo scopo di promuovere un’agitazione per il ripristino della Pretura. A tale scopo si rivolse un appello ai deputati della Regione, per cui si ebbe le seguenti risposte:
L’Onorevole Avv. Salvatore Renda così scriveva:
“Stimatissimi amici,
Memore dei voti di codesta Spett. Associazioni, ho spiegato tutto il mio fervido interessamento, presso il competente Ministro, per la questione della Pretura di Scilla o per lo meno per la istituzione di una Sezione distaccata. Rimetto intanto una nota di S. E. Oviglio assicurando che non mancherò di spendere le mie più vive premure per il favorevole accoglimento della richiesta, essendo lieto di potere contribuire al benessere ed al miglioramento di codesta patriottica popolazione Con tanti saluti, con preghiera di comunicare a tutti i Signori Presidenti”.
Ed il Ministro Oviglio:
Roma 28 novembre 1924
“Caro Renda,
ho fatto prendere nota dei voti espressi e da te vivamente caldeggiati per ottenere la istituzione di una sede distaccata di pretura nel comune di Scilla e non mancherò di vedere se sia possibile esaudirlo al momento in cui dovrò prendere in esame le numerose istanze pervenute per analoghi provvedimenti
Cordiali saluti”.

Noi invocammo, ed invocheremo, con il desiderio di tutto il popolo di Scilla, non la sede distaccata, ma il ripristino della sede. Abbiamo fede che S. E. Oviglio esaudirà la giusta richiesta del diritto millenario di Scilla.
Maggio 1926

giovedì 19 giugno 2008

1906, quando le Ferrovie dissero no al Regio Commissario Straordinario

Il 24 febbraio 1906, il Regio Commissario straordinario del Comune di Scilla, Conte Caracciolo di Sarno Cavalier Giuseppe, attraverso una delibera redatta con l’assistenza del segretario comunale Felice Sisinni, fa “voto per la fermata qui del treno diretto delle ore 13 da Napoli a Reggio Calabria”. Tra i motivi che hanno indotto il Regio Commissario a formulare la richiesta, definite dallo stesso “giustificatissime” le problematiche inerenti il commercio locale. Il Conte Caracciolo così scriveva: “viste le moltissime domande inoltrate dai cittadini di Scilla e specialmente dai commercianti che giustamente domandano affichè il treno ferroviario proveniente da Napoli e diretto a Reggio Calabria abbia qui una fermata considerando che le ragioni addotte meritano di essere accolte perché interessano assai così il commercio locale, come gli interessi privati in generale di questi abitanti, massimamente ora che il bisogno è più urgente”. Il Regio Commissario quindi delibera “di fare istanza all’Illustrissimo Capo della provincia affinché con la sua autorevole parola ed il più sollecitamente possibile venga esaudito il desiderio in merito ad ottenere che il treno delle ore 13 proveniente da Napoli e Reggio, abbia qui una fermata d’un solo minuto”. Quella proposta di fermata “d’un solo minuto” fu respinta dalla Direzione Generale delle Ferrovie dello Stato che il 24 marzo dello stesso anno, attraverso una lettera indirizzata al prefetto di Reggio così giustificava la propria decisione. “Il treno diretto 5, è stato istituito allo scopo di favorire le grandi comunicazioni fra il Continente e la Sicilia, per cui è necessario che la sua marcia non venga aggravata assegnandogli le fermate alle stazioni secondarie, tento più che l’orario del treno stesso è già alquanto ristretto. Si osserva anche che Scilla fruisce già della fermata dei treni diretti 2 e 3, mentre altre stazioni d’importanza analoga, che pure hanno richiesto la fermata di qualche treno diretto, ne sono affatto prive, per cui questa Direzione Generale si trova nell’impossibilità di accogliere la domanda avanzata dal R. Commissario di Scilla”.