martedì 9 ottobre 2007

LA TRAGEDIA DEL 28 DICEMBRE 1908







Manca qualche ora all’alba. Il tempo non è dei migliori. Una pioggerellina viene giù da ore. La tragedia è in agguato e si consuma in pochi minuti. Ecco la breve e drammatica cronaca del comm. Giuseppe d’Amico, che sarà Regio commissario dal dicembre 1942 al settembre 1943 e sindaco dall’ottobre 1946 al gennaio 1949.

Il giorno 28 dicembre 1908 alle ore 5 antimeridiane vi fu quel terribile cataclisma che tante vittime e tanti danni arrecò in Messina, Reggio e paesi. L’intensità della scossa si estese da Lazzaro a Palmi. Voler descrivere l’impressione provata nel fatale momento è cosa impossibile, poiché è stata tale la tensione dell’animo che ricordo l’inizio del moto, ma quando raggiunse il movimento il movimento vorticoso non ricordo nulla. Due volte fui sbattuto a terra e mi destai quando un gran polverio mi soffocò. Nulla compresi che porzione della casa era già caduta. Il resto di essa si sprofondò dopo qualche giorno. Fortunati noi, perché ci dette il tempo a scappare. Precipitandomi fuori, vi trovai ignuda mia madre e molte altre donne. Era buio, pioveva. Strade ingombre di materiale, fili della luce elettrica, vetri. Fui costretto a tornar su a fuggi fuggi tirar qualche coperta avvolgere mia madre adagiarla sulle spalle e fuggire al largo. In piazza del duomo ove ci accampammo sino all’alba, si raccoglievano i fuggiaschi del quartiere Chianalea, i feriti e qualche cadavere.
Le scosse continuavano. Nulla si sapeva finché fu giorno dei due quartieri perché le strade ingombre e le case che minacciavano di cadere cioè quelle che rimasero.
Dalla piazza del Duomo, dove ripeto eravamo raccolti, calmato il primo frastuono giungevano a noi lamenti, grida strazianti di morte.
Inconscio del pericolo per quanto ho potuto mi son dato al salvataggio. Mi giunse lamento del povero Don Nunzio Canonico Vita – Mi slancio dalla piazza lo prendo in braccio, perché molto piccolo di statura, e lo porto al sicuro in piazza. Era anche lui con la sola camicia da notte.
Intento a far qualcosa di buono, mi vedo afferrato da Ettore Florio che al chiaro di un fascio di cannicciole cercava qualche aiuto per potergli salvare il padre. Alle sue preghiere commoventi, per quanto la famiglia mi trattenesse, sono riuscito appena in tempo di salvarlo mentre la balia Donna Rosaria, per quanto io abbia chiamato e battuto non dava segni di esistenza – si è vista dopo morta.


1 commento:

Pino d'Amico ha detto...

Non ho potuto resistere ed ho cominciato a leggere quanto da te pubblicato sul blog, sulla grafica non ho suggerimenti da farti anche perchè sinceramente non saprei darti consigli tecnici visto che ne capisco ben poco, anche se le foto e soprattutto il contenuto non hanno bisogno, secondo me, di alcuna cornice o impostazione grafica particolare che possa maggiormente esaltare il racconto. Per quanto riguarda il contenuto, ti descrivo la sensazione che ha dato a me al di la dell'informazione storica che già si aveva sull'episodio del terremoto del 1908. Mentre leggevo quasi immaginavo i volti, la scena e soprattutto i rumori e le voci che potevano udirsi. Mi ha dato proprio la sensazione di disperazione e di morte che si respirava in quei momenti. Forse la mia fantasia corre troppo ma è stata un'emozione forte. Grazie!
ah ho letto il tuo nome ma non riesco a collegarlo alla tua faccia. Anche le altre pagine sono molto interessanti. Continua se ne hai altre
Nina